Se la donna deve subire in silenzio. E i “buonisti” si girano dall’altra parte

Dopo le violenze a Colonia, in Italia anziché porsi il problema della libertà e della sicurezza delle donne, si cerca di ”sminuire” l’accaduto

06 Gennaio 2016
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Hauptbahnhof Koeln - Empfangshalle bei Nacht

Chi tocca una donna non ha un nome per poter essere definito. Chi commette atti di violenza contro una donna è un essere spregevole.

Sono cresciuto con questa convinzione, maturata sin dalla prima infanzia, in quel momento di crescita in cui un bambino inizia ad affacciarsi, pur con tutti i limiti dell’età, al mondo e a quella che è la vita nella società. Conoscendone gli aspetti positivi e negativi.

Forse perché sono cresciuto in un ambiente famigliare ad alta percentuale femminile, sono stato sempre particolarmente sensibile al tema della violenza sulle donne.

Provando fin da subito nel mio intimo un senso di rigetto e di schifo nei confronti di quegli uomini (se tali possono essere definiti) che alzano le mani su una donna.

Crescendo, studiando, diventando uomo, questo valore, il valore del rispetto della donna in quanto pari all’uomo, si è sempre rafforzato.

Purtroppo, non possiamo nascondere una verità scomoda: che, nonostante l’emancipazione, per una donna rimangono difficoltà maggiori rispetto agli uomini. Anche cose che sembrerebbero “piccolezze”, come camminare per strada senza essere oggetto (nel migliore dei casi) di “apprezzamenti” poco delicati. Nel peggiore, di atti di molestia sessuale, che possono sfociare nella violenza. Nello stupro.

È con stupore e un misto di amarezza che noto come, dopo i fatti di Colonia, in Italia ci sia stata una levata di scudi contro articoli di cronaca che riportavano (pur con qualche inesattezza, dovuta alla frammentazione con cui arrivavano le notizie) quello che è accaduto la notte di Capodanno nella città tedesca.

In particolare, le critiche si sono concentrate sul numero di “violenze sessuali” effettivamente consumate. Una “aggressività” da parte di questi “contestatori” che sembra quasi sminuire l’orrore e l’umiliazione fisica e morale che le vittime hanno subito, nei casi in cui non fossero state violentate in modo “completo”, ma “solamente” palpeggiate e malmenate.

Peccato che il reato di violenza sessuale sia previsto anche nei casi in cui ci siano atti di violenza sessuale, appunto, senza arrivare al “rapporto completo”.

Art. 609-bis.
Violenza sessuale.

Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.

da Altalex

Ma non è questo il punto. O forse lo è solo in parte. Quello che rammarica è questa ondata di “buonismo”, che sembra quasi voler “giustificare” i fatti accaduti a Colonia, ridimensionandone la gravità.

Che un gruppo imprecisato (le varie fonti parlano di un migliaio di persone, a maggioranza immigrati) di uomini abbia potuto, per tutta la notte, abusare, molestare, violare sessualmente, derubare le donne che passano vicino alla stazione di Colonia è un fatto raccapricciante.

Un fatto che dovrebbe far riflettere, innanzitutto, tutti i cittadini europei sul livello di civiltà verso il quale stiamo andando. Sul livello di libertà e di sicurezza di cui le cittadine europee possono effettivamente godere.

Chi ha dei valori, chi ha a cuore la propria comunità, si pone questi problemi. Chi non è affetto da quella “malattia” che è il maschilismo, questi problemi se li pone tutti i giorni, non solo durante la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Sarebbe interessante sapere quante di quelle persone che oggi tendono a ridimensionare la gravità dei fatti di Colonia, facciano a gara per “agghindare” la propria bacheca Facebook durante la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Per poi dimenticarsi delle problematiche della condizione femminile gli altri 364 giorni all’anno.

Marco Tavazzi

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