Varese, in Provincia arriva la “lottizzazione” targata Pd? Centrodestra all’attacco

Il capogruppo di Liberi per la Provincia Piero Galparoli chiede chiarimenti sulla nomina di un’esponente del Partito democratico a Villa Recalcati. Rimangono tanti dubbi su quanto ci costa un ente che, in teoria, il governo Renzi «avrebbe» abolito

15 Dicembre 2014
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La nuova amministrazione provinciale di Varese si è insediata solo da poche settimane, ma per la “lottizzazione” degli incarichi Gunnar Vincenzi non avrebbe certo perso tempo.

O almeno così pare, perché intorno alla nomina del capo di gabinetto del Presidente della Provincia aleggia un alone di mistero. 

L’ACCUSA

Piero Galparoli, capogruppo di Liberi per la Provincia (il gruppo di opposizione formato da Forza Italia e Udc) non lesina critiche nei confronti di Vincenzi, accusato di “obbedire” diligentemente agli ordini del PD, il partito di maggioranza (ma non era un indipendente?), e di seguire scrupolosamente le logiche della spartizione delle poltrone tipiche della prima repubblica.

“Che in tempi di crisi finanziaria, di tagli dei trasferimenti statali, di ristrettezze economiche e di esuberi del personale, la Provincia proceda al conferimento di un incarico del quale può benissimo fare a meno e che comporta un’ulteriore retribuzione, mi pare un controsenso”, attacca Galparoli. “A meno che si tratti di una notizia infondata”, conclude lanciando il sasso.

CHI È E QUANTO CI COSTA?

Pare che l’incarico di capo di gabinetto valga tra i 20 e 30 mila euro annui. Una discreta cifra, che certamente stona con i tagli al personale già ampiamente annunciati. 

Tutti gli indizi porterebbero a Martina Cao, vicesindaco di Ispra targata (ovviamente) Pd e già dipendente della Provincia.

Un personaggio non nuovo ad incarichi e consulenze, considerato il fatto che ricevette dal Gruppo Consiliare del Partito Democratico in Regione Lombardia 5mila euro per il solo mese di gennaio 2013 con lo scopo di studiare le “unioni di Comuni”. 

LE PROVINCE PIU’ VIVE CHE MAI

In sostanza, le Province che Renzi e Delrio avevano promesso di abolire, dopo averle svuotate di competenze e deleghe, sono vive più che mai. Non si sa bene a cosa servano, ma una cosa è certa: la cara vecchia abitudine di occupare militarmente tutte le poltrone disponibili è ben lungi dall’essere archiviata.

Come direbbe don Fabrizio, tutto cambia affinché nulla cambi.

Nerio Cavalieri

 

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