
A livello geopolitico mai negli ultimi anni la situazione è stata difficile come oggi. Al punto da vedere all’orizzonte i preamboli di un “quarto” conflitto mondiale, dopo la Guerra Fredda.
Gli attori sono più o meno gli stessi del precedente conflitto, seppur con ruoli totalmente diversi. E il teatro di questa guerra, l’Ucraina, non poteva essere che il più idoneo: un Paese recentemente “prostratosi” all’atlantismo, che, sotto la guida del presidente Poroshenko, e il duplice ingresso nella Nato e nell’Ue, ha ratificato la cooperazione in politica estera e sicurezza, passando da Mosca a Bruxelles.
Questa ratifica, dall’aria di un accordo di “sottomissione” e protezione, comporta non solo la presenza di forze armate e missili dal marchio Nato atti a controllare il territorio da Mosca a Damasco con tutto il Medio Oriente annesso, ma anche a occupare le imprese belliche e i porti russi per danneggiare economicamente e militarmente l’esercito e l’economia russa, oltre ovviamente a compromettere la creazione di un’alleanza eurasiatica che sarebbe un ostacolo per l’asse tra Usa e Ue.
Infine dal punto di vista commerciale, l’Ucraina è uno dei principali corridoi energetici, uno snodo cruciale per il passaggio delle tubature che portano in Europa il petrolio e il gas del Caucaso. Il 30% del gas consumato dall’Europa proviene dalla Russia. L’Ucraina stessa non può sopravvivere per ora senza il gas russo. Perdendo il controllo sull’Ucraina la Russia rischia dunque di perdere il controllo dei mercati dell’energia.
Delineata la scacchiera, ci chiediamo ora a chi spetti la prima mossa: se da un lato Obama, di nascosto, “arma” personaggi con o senza divisa di diverse provenienze per portare a termine la sua “conquista”, dall’altro il Cremlino preferisce la strada della diplomazia, limitandosi ai tanto “minacciosi” convogli umanitari, per fermare questo genocidio: una controffensiva militare russa farebbe passare Putin come un invasore, oltre a legittimare la Nato all’attacco (nonostante i caschi blu dell’Onu siano già in prima linea, il tutto a favore dell’industria bellica statunitense, fondamentale per risollevare il Paese dalla crisi economica.
A questo punto chi ha giocato la mossa peggiore è stata l’Ue, che ha ben pensato di suicidarsi con le sanzioni, credendo invece di fare un dispetto a Putin e prendersi gli applausi di Obama.
In tutto questo, l’Italia dei “fidi” Renzi e Mogherini, invece che agire come secondo partner commerciale della Russia, ha preferito – con tanto di deliri degni dei peggiori leccapiedi – gli applausi dei “padrini di Bruxelles” piuttosto che fare gli interessi del proprio Paese (ha risposto negativamente alle sanzioni la Slovenia!), il tutto in perfetta linea con le strategie politiche degli ultimi governi.
Purtroppo l’ultimo governo italiano che ha avuto un minimo sussulto di dignità in politica estera è stato quello del tanto criticato Berlusconi, che, seppur con tanti difetti ed errori in altri campi, ha attuato una politica estera di mediazione tra oriente e occidente: se solo fosse gradito ai “camerieri” di Bruxelles che l’hanno deposto nel 2011, potrebbe essere l’uomo giusto per risolvere pacificamente questo aspro e difficile conflitto.
Quindi, mentre in Europa ci illudiamo che Putin e la Russia siano in povertà per le nostre sanzioni, Mosca guarda ad Est: l’asse con la Cina e le emergenti potenze orientali metterà la Russia in una posizione dominante rispetto chi in Occidente pensa di avere le spalle larghe, lasciando che la situazione economica e politica precipiti in un tunnel senza fine.
Luca Folegani