Dopo due mesi di reclusione, Stefano Binda continua a negare qualsiasi responsabilità sull’omicidio di Lidia Macchi, il più drammatico e clamoroso “giallo” del Varesotto tornato alla ribalta a metà gennaio con l’arresto dello stesso Binda nella sua casa di Brebbia, 29 anni dopo il delitto.
I magistrati, allora, procederanno con la riesumazione del corpo di Lidia: l’anatomopatologa Cristina Cattaneo, probabilmente la più quotata professionista del settore in Italia, cercherà tracce biologiche che possano svelare la presenza di un altro Dna oltre a quello della vittima. Chiaramente, se queste tracce fossero compatibili con Binda le prove a suo carico diventerebbero schiaccianti; qualora, invece, emergesse un altro Dna, l’accusato potrebbe venire presto scarcerato. Tra genetisti, biologi e medici legali saranno ben sette professionisti ad analizzare la salma che riposa da 29 anni nel cimitero di Casbeno.