È morto da più di tre mesi. Ma il suo corpo rimane in obitorio, perché era troppo povero per un funerale

Questa la triste vicenda di un 48enne inglese, deceduto a Malpensa il 4 novembre, la cui salma è ancora in custodia delle autorità italiane. La famiglia non ha i soldi per il trasporto. E non avendo avuto probabilmente fissa dimora, non si sa ancora quale sia il Comune che possa farsi carico del funerale di povertà

12 Febbraio 2015
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Una vita passata in povertà. E anche dopo la morte, l’indigenza gli nega una degna sepoltura. Questa la vicenda di un quarantottenne inglese, Nicholas Curtis Botting, deceduto per cause naturali il 4 novembre 2014. Secondo le ricostruzioni delle Forze dell’Ordine, l’uomo avrebbe trascorso gli ultimi suoi giorni attorno allo scalo di Malpensa, tra senzatetto e persone disagiate.

Quel giorno, forse per un malore o a causa del deperimento fisico dovuto all’uso smodato di alcol, Botting si è accasciato a terra, senza più rialzarsi. I soccorritori non riuscirono a farlo rinvenire, constatandone il decesso. Per il pm non ci sono stati dubbi, dal momento che sul corpo non erano presenti segni di aggressioni o altro.

Morì per cause naturali. Ma il suo corpo, ad oltre tre mesi di distanza, è ancora all’obitorio. La famiglia dell’uomo, in Gran Bretagna, non ha risorse economiche per il trasporto della salma.

Ed ha quindi chiesto alle autorità italiane di far fronte al funerale. Tuttavia, bisogna prima scoprire dove l’uomo effettivamente viveva, e dove è avvenuta la disgrazia, perché la legge italiana prevede che i Comuni provvedano ai “funerali di povertà” per gli indigenti. A seconda dei casi, è l’ente locale dove il defunto era residente o dove è morto a farsi carica della spesa. Ma nel caso di Botting non è chiaro esattamente dove vivesse.

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