Si chiama “Busto Grande”. E nel nome è già ben chiaro quale sia l’obiettivo: riportare la politica al suo ruolo di strumento al servizio dei cittadini, e non pura schermaglia tra i partiti. Il movimento, nato in vista delle elezioni amministrative cittadine del 2016, a detta dei suoi fondatori, “nasce per rompere gli schemi, istituendo una collaborazione trasversale tra soggetti rappresentanti ideologie e pensieri differenti ma non divergenti rispetto ad un’unica idea, di rivoluzione e di buon senso”.
I suoi fondatori dichiarano di voler convergere pragmaticamente ed ovunque siano condivise le istanze della città, dei suoi cittadini, che bisognano di interventi vitali, immediati, vigorosi.
Massimo Crespi, promotore dell’Associazione bustocca Comunità Famigliare ed ex candidato per l’Udc cittadina afferma: “Sappiamo bene quale e quanto male e debolezza si siano portati laddove le amministrazioni civiche si sono fermate, sbarrando l’accesso della propria agibilità politica a coloro i quali non si riferivano alle medesime logiche di partito, alle stesse correnti di appartenenza, allo stesso colore. La forma-amministrazione-partito non è mai stata davvero superata laddove è prevalsa l’impermeabilità, la chiusura, l’esclusività della “parte”, dove è prevalsa a volte l’arroganza, a volte la svogliatezza, magari l’incapacità, magari l’affarismo sia pure di piccolo cabotaggio, danneggiando così quel giusto “parteggiare” che esige confronto maturo, libera discussione ed efficace sintesi nell’agire per il bene comune e collettivo”. Checco Lattuada, consigliere comunale del Pdl, conferma che Busto Grande “è per rivoluzionare questo sistema antico, del secolo scorso, senza futuro”. “Siamo per metterci insieme, da destra, da sinistra, dal basso, dall’alto, dall’altro, senza pensare che non ci sia del buono dove non ci siamo noi, ma cercando ovunque la condivisione degli intenti, delle idee e delle ricchezze personali, la condivisione delle risorse e dei beni”.
Nel progetto anche Matteo Sabba, presidente di Comunità Giovanile: “Noi di “Busto Grande” siamo per una nuova trasversalità di azione politica, che superi l’unilateralità classica, abbandonata dalla storia dei partiti, l’immobilismo non fruttifero, sbiadito, ma anche per una trasversalità che superi la finta alleanza tra soggetti zavorrati dalle rispettive ed inconciliabili visioni ideali, impossibilitati a decollare, talmente discordi fra loro da non riuscire più a volare e neanche a camminare, coagulatisi ma per questo bloccati, legati dalle loro stesse progettualità. Noi siamo perché ci si ritrovi in una stessa rotta a navigare scioltamente sulla stessa barca, ciascuno offrendo la propria capacità, l’esperienza, la propria strumentazione per superare le impasse politiche più burrascose. E noi di quei mezzi ne abbiamo, da vendere; meglio: da regalare…”.
Ed Antonio Corrado (da Articolo 3 ed ex Rifondazione Comunista) con Roberto Orlando sono sempre convinti che occorra essere “per una nuova formazione civica mai più vittima delle vetuste e dannose logiche di partito che non serve a niente e non serve nessuno”.
Questi sanno però che “esistono problematiche e criticità che si possono affrontare solamente nell’unione delle forze, questioni talmente grandi da sovrastare le differenti interpretazioni della cosa pubblica, del da farsi, le diverse sensibilità delle donne e degli uomini che vogliano ben amministrare la città. C’è da lavorare e lavorare tutti, puntando sul medesimo sentire”, che è ciò che li trova d’accordo quando occorre salvarsi dal declino della Civitas, della grande civiltà di Busto, oggi maggiormente in pericolo, maggiormente sprovvista di cure e di cure decisive, di ogni genere. “E basti pensare – continua Crespi – al lavoro che pare scomparso dalle nostre fabbriche, e pensare all’ambiente ed al verde che pare sconosciuto nel centro o pare scolorire nelle nostre periferie; basti pensare ai nostri piccoli che vogliono vivere sereni nei quartieri, ma non riescono a spostarsi dalle case per timore di tutto, per timore della Città che li ha visti nascere e crescere. Ed ai nostri vecchi, concittadini in difficoltà, ai senza dimora, agli sfrattati; pensare che serve tantissima attenzione, educazione e cultura, soprattutto popolare…”.
I fondatori del neonato movimento continuano: “Serve convergere, coinvolgendo la società civile del territorio nell’opera di governo partecipato da questa. Proprio questa società civile è però tanto bistrattata, masticata, poi sputata da tanti improvvisati manipolatori dell’arte dell’inganno politico. Questa deve venire recuperata, recuperata dalla politica da cui s’è distaccata molto tempo fa. Abilmente si è divisa per potere permettere di imperare e comandare secondo il piacimento dei vari consessi di potere. È risaputo: divide et impera. Ma noi vogliamo che sia al contrario riunita, ritrovata, poiché ne abbiamo bisogno o rischieremo di farneticare se non ce l’avremo di fronte, chiara, visibile e partecipante, cioè democratica, veramente democratica, questa società, questa città…”.
L’obiettivo del movimento “è far contare le realizzazioni fatte finalmente, cosa resta andando oltre le carte programmatiche e le dichiarazioni di intenti complicate, inutili; cosa si produrrà, cambierà o migliorerà. L’eletto nel seno del Consiglio comunale dev’essere delegato per conto dell’elettore e del cittadino, non per conto terzi, quarti e quinti. Contano le verifiche e le revisioni di quanto faranno, conteranno le critiche ed i consigli costruttivi di chiunque, conterà la gente di Busto con cui discutere e, perché no, dibattere strenuamente sino ad un bene comune”. “Apriremo subito delle stanze perché ci si incontri, in un tavolo, sul tavolo di ognuno degli abitanti la Città, di chi voglia parlarci, darci il suo, oggi stesso. Vogliamo che Busto stia bene e che cresca all’infinito, vogliamo che Busto sia grande. Guardate, noi la stiamo già facendo, grande!”.