«I diritti dei gay sono difesi dalle monarchie. Più progredite dei Paesi repubblicani»

Il segretario nazionale dell’Unione monarchica italia, il varesino Davide Colombo, si dice favorevole al riconoscimento delle coppie omosessuali. E anche delle adozioni. «Sui temi etici, tra i monarchici, c’è libertà di coscienza»

07 Febbraio 2015
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Colombo

I diritti dei gay non vengono difesa solo dalla sinistra. O meglio, non sono esclusivo appannaggio dei partiti più progressisti. Lo dimostra la posizione di Davide Colombo, giovane segretario nazionale dell’Umi, l’Unione monarchica italiana, l’associazione più rappresentativa che in Italia sostiene il ritorno della monarchia. Colombo, varesino, si è trovato a passare per caso da piazza Monte Grappa sabato pomeriggio, mentre si stava svolgendo la veglia delle Sentinelle in Piedi e contemporaneamente il contropresidio delle associazioni a favore dei diritti dei gay. E Colombo non esita a dirsi a favore delle posizioni di queste ultime.

«Tra i monarchici, va detto, non c’è una posizione ufficiale sui temi etici – dice Colombo – anzi, convivono nell’associazione diverse posizioni, anche opposte tra di loro. Alcuni esponenti sono assolutamente favorevoli solo alla famiglia tradizionali. Altri, tra cui di ritrovo anch’io, invece spingono per i diritti delle coppie gay».

Non solo. «Io personalmente sono a favore anche dell’adozione per le coppie gay» aggiunge Colombo.
E fa un ragionamento politico, sottolineando come siano proprio le nazioni a guida monarchica, in Europa, ad essere quelle più aperte su questi temi. «Guardando all’Europa non possiamo non notare come gli Stati retti da una monarchia siano quelli che per primi hanno riconosciuto i diritti dei gay. In Danimarca, ad esempio, si è celebrato il primo matrimonio. Questo, secondo me, è dovuto al fatto che le Repubbliche debbano obbedire agli interessi delle lobby, e quindi non vogliano sbilanciarsi su questi temi. Mentre un re o una regina guardano all’interesse del proprio popolo, senza condizionamenti, e quindi sono più propensi a riconoscere delle situazioni sulle quali, di fatto, la società si sta spostando. E quindi sono liberi di riconoscere i diritti di tutti i propri cittadini».

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