Varese, piazza Repubblica e la buona politica

Le riflessioni di Raffaele Nurra, ceo di ExpoVillage e architetto, sui problemi che accompagnano il centro della città

28 Luglio 2014
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Progetto

Da tempo le sorti della ex Caserma Garibaldi e più in generale del comparto di piazza Repubblica, incolpevoli simboli di decadenza urbana e culturale, incontrano l’interesse di molti varesini che, non senza qualche preoccupazione, si interrogano, davanti ai più disparati proclami che si sono succeduti, se sarà o meno la volta buona, se finalmente una qualche soluzione è stata pensata. La demoliranno o no?

Teatro, Centro culturale o Biblioteca? Stante i soggetti che la frequentano meglio il Comando della Polizia Locale o una Caserma dell’Esercito con tanto di carri armati e
rampe missilistiche?
Comprensibile che i cittadini esasperati dalla presenza costante di bande dedite al bivacco, allo spaccio e alle più disparate attività illecite chiedano a gran voce un intervento capace di riportare almeno un minimo di ordine e sicurezza. Altrettanto giustificata è la richiesta da parte dei commercianti della zona e della proprietà del parcheggio sotterraneo poiché appare davvero
inaccettabile che dopo sei mesi la via Spinelli risulti ancora interdetta al traffico.
Paradossalmente per molti non è più nemmeno importante la soluzione, una vale l’altra basta si faccia qualcosa, purché si scriva la parola “fine” ad una vicenda che si trascina ormai da troppo tempo e che ha esasperato gli animi di tanti.
Ciò che risulta non condivisibile però è quella sorta di “fregola” che si è impadronita di molti e che, pur di dare una qualche risposta induce a perseguire qualunque soluzione, sensata o meno.
Questi sarebbero disposti indifferentemente a radere al suolo la Caserma, a sopralzarla, a trasformare piazza Repubblica in un laghetto oppure in un mega campo di beach volley.
Ora, pur nella piena consapevolezza che il “meglio è nemico del bene”, occorre però che ogni ipotesi risulti preceduta da una puntuale e approfondita analisi. Magari anche facendosi aiutare da esperti, da chi queste indagini e “analisi urbane” le conduce tutti i giorni per professione.
Occorrerebbe in altri termini rinunciare alla tentazione, umana, di avere verità in tasca come se non servissero competenze e preparazioni specifiche e bastasse un mandato popolare o una carica assessorile per essere automaticamente investiti di specifiche capacità, di lauree o di infallibilità assoluta.

Così come si conviene all’ attuale proposta politica i cittadini, in questi ultimi mesi, più che da progettualità concrete hanno assistito ad una sequela di slogan che cambiavano con il mutare degli umori, con la “pancia” degli elettori, con gli equilibri precari o con la necessità di perseguire un “renziano” nevrotico sterile movimentismo.
Nulla però che lasciasse presagire o intuire una idea di fondo, una visione capace di risolvere le contraddizioni di un disegno urbano che hanno trasformato uno spazio centrale e strategico della città in un luogo di nessuno, in un vuoto urbano.
È incredibile come non si sia riflettuto, prima di muovere ipotesi, sullo spazio pubblico, sull’esistenza di funzioni e poli capaci comunque di creare attrattività, sulle ragioni del degrado del comparto che certo non sono riconducibili solamente alla ex Caserma. Quasi si fosse affrontato il problema con un approccio ideologico, dottrinale.
Riguardo al problema reale della piazza, ad un edificio che non sfigurerebbe, quanto a manutenzione, al confronto con altri immobili di una qualunque delle città bombardate della Siria, sarebbe stato meglio fin da subito intervenire per una messa in sicurezza minimale formulando ipotesi solo dopo approfondite analisi anche rispetto alle esigenze della città, ad una sua visione complessiva, alla necessarie valutazioni in termini di densità e di spazio.
Ad onore del vero le responsabilità non sono solo ed unicamente della Politica giacché non si sono udite, tranne rari casi, proposte culturali e metodologiche concrete. Al di là di qualche mugugno o del solito disfattismo, in taluni casi però giustificato, le poche voci “contro” avevano più verosimilmente lo scopo di affermare se stessi attraverso una presenza autoreferenziale e certamente non rappresentativa di alcunché.
Si è altresì assistito a chi ha ipotizzato proposte, mai esplicitate, con il dichiarato intento di raccogliere consenso per una eventuale lista civica. Il tutto con la benedizione “benevola” di qualche consigliere comunale.
Insomma se Atene piange, Sparta non ride.
Eppure in occasione delle conferenze dal titolo “Thinking Varese”, magistralmente proposte ed organizzate dall’Ordine degli Architetti di Varese, sono state poste ad alcuni fra i più importanti architetti domande sul comparto Piazza Repubblica – Caserma Garibaldi.
La lettura di quelle risposte, delle riflessioni di Gonçalo Byrne, Massimiliano Fuksas, Eugene Kohn, Mario Botta, di Michele Arnaboldi, di architetti di fama mondiale, avrebbero dovuto indurre a qualche considerazione, a ragionamenti che fossero di aiuto rispetto alle soluzioni da adottare.
Nulla è però perduto e si è ancora in tempo per correggere il tiro trasformando un problema in una risorsa per l’intera città.
L’intervento di riqualificazione urbana del comparto Piazza Repubblica può concretizzarsi attraverso una operazione mista, un modello innovativo capace di unire, in un’unica procedura, gli aspetti pianificatori e progettuali, quelli realizzativi e la sostenibilità economico-finanziaria.
Anziché pensare a soluzioni progettuali preconfezionate, certamente limitate e limitanti, pare più opportuno individuare, prioritariamente, le linee culturali portanti dell’intervento attraverso l’ascolto delle aspettative della città, del mondo accademico, dell’impresa, delle realtà culturali, dei servizi e dei media.
La lettura e l’interpretazione di questi dati costituirà il documento culturale, le linee guida contenenti temi ed obiettivi attesi e rispetto alle quali, attivando una gara internazionale ad inviti, richiedere una proposta tecnico-progettuale ed economica, alle più importanti realtà imprenditoriali coadiuvate in ciò dai migliori architetti.
Emblematicità dell’intervento, vivibilità del luogo e qualità architettonica ed ambientale risulteranno le tre dimensioni fortemente interagenti del tema portante del progetto di riqualificazione urbana.
Si riapra al più presto la via Spinelli e si metta in sicurezza la caserma anche “ricoprendola d’arte” come ha sapientemente proposto Max Lodi giorni addietro ma per favore non si sprechi denaro pensando che basti demolire qualche gradone e posizionare qualche panchina per eliminare il degrado.
E se proprio si vuole pensare ad Expo 2015 si utilizzi questo percorso di avvicinamento, questa Road to Expo, per elaborare una proposta, per definire un metodo e per scegliere progetto e ditta vincitrice. Il semestre di Expo vedrà l’inizio dei lavori e regalerà a Varese anche un metodo innovativo con il quale guardare alla soluzione di altri snodi irrisolti della città.
Forse sorrideranno così sia Atene che Sparta, certamente la buona Politica avrà vinto la sua scommessa.

Raffaele Nurra

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