“Tanti anni fa in terra di Germania viveva un uomo a nome Michele Kohlhaas. Era allevatore di cavalli e come lui lo erano stati il padre e il nonno…“. Comincia così l’affascinante racconto di Marco Baliani, nativo di Verbania, professione “raccontatore di storie”.
Attore, regista e drammaturgo tra i più originali nel panorama teatrale italiano, Baliani, solo sulla scena, seduto su una sedia, vestito di nero, per circa 90 minuti, incanta un pubblico di ogni età, narrando la storia realmente accaduta, nella Germania del 1500, di un mercante di cavalli, vittima della corruzione dominante della giustizia statale. La spirale di violenza generata dal sopruso subito dal protagonista offre lo spunto per una riflessione sulla questione della giustizia e sulle conseguenze morali che la reazione dell’individuo all’ingiustizia può comportare. Baliani, attraverso la sua mimica, la sua gestualità, riesce a coinvolgere anche lo spettatore più distratto, facendogli immaginare i cavalli del protagonista, le sue paure, la sua sete, la sua vana attesa di giustizia e la decisione finale di scegliere il cappio di una forca.
Il lavoro che Baliani conduce attraverso le molteplici potenzialità della narrazione a teatro va a tracciare negli anni percorsi articolati in un territorio assai ampio; in questo contesto, Kohlhaas si staglia come exemplum di racconto “puro”. E “racconto puro” significa storia che passa attraverso il raccontatore come una corrente, con un’urgenza forte di essere detta, con regole precise di tempi e di efficacia da rispettare. Una storia che trascina e coinvolge – senza però escludere la possibilità del distacco – sia il raccontatore sia gli ascoltatori. La storia che con la sua “urgenza abbagliante” conduce lo spettacolo è quella del mercante di cavalli Michael Kohlhaas, che, subìta un’angheria da parte di un nobile, tenta dapprima di ottenere giustizia dalla legge e poi, non vedendo riconosciute le sue ragioni, si fa brigante e raccoglie attorno a sé schiere di disperati, con i quali saccheggia e devasta intere città, arrivando a scatenare quasi una guerra contro il potere imperiale e giungendo infine ad essere condannato a morte.
Un racconto che suscita domande, riflessioni talvolta amare; che scandaglia l’animo dell’uomo e della storia; che fa bruciare ancora le ferite inflitte da ogni ingiustizia e da ogni violenza, dalla rabbia e dalla ricerca disperata di una forma di diritto che tuteli lo spazio vitale di ogni uomo.
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