Quando si parla di trasporto pubblico locale a Varese, raramente escono commenti documentati. Finché le considerazioni vengono da non addetti ai lavori, ciò può essere comprensibile, ma l’ignoranza in soggetti istituzionali non può essere tollerata.
Un esempio tipico di non conoscenza dei fatti (o di distorsione propagandistica) è costituito dalle esternazioni del consigliere del Partito Democratico Andrea Civati, il quale sostiene che la colpa degli aumenti tariffari applicati dal 1 marzo, è da imputare a Comune e Regione Lombardia e non al governo Renzi.
Giova ricordare alcuni dati.
Innanzitutto va precisato che il servizio di trasporto pubblico è pagato per il 40% dagli utenti e per il 60% da bilanci pubblici (e quindi attraverso la tassazione generale viene pagato da tutti i cittadini). A Varese, nel 2014 le tariffe hanno generato introiti per € 3.451.260, mentre i contributi pubblici ammontavano a € 5.353.580.
Il 2007 è stato il primo anno in cui Varese ha dato piena applicazione alla gestione di trasporto attraverso appaltatori privati, come imposto dalla cosiddetta Legge Bersani.
Il costo annuo del servizio a acrico degli enti pubblici era di 4.406.740 €; di questi 210.409 venivano dallo Stato centrale e mentre 4.154.314 € venivano da Regione Lombardia, che peraltro a sua volta riceveva i fondi dal Fondo Nazionale Trasporti di gestione governativa. La quota residua di 42.017 € era a carico del Comune.
Nel 2014, il costo del servizio di trasporto pubblico di Varese sui bilanci pubblici è stato di 5.353.580, con un aumento del 21,5% rispetto al 2007, in linea con la variazione dell’indice dei prezzi al consumo per il settore trasporti (+21,83%).
Radicalmente mutati invece i soggetti pagatori: lo Stato non contribuisce più, la Regione Lombardia ha aumentato il proprio apporto a 4.363.238 (+5%), ma gran parte dell’aumento di costo si è scaricato sul Comune di Varese, che oggi contribuisce per 990.342 (+2257%) a sostenere il servizio.
Ormai l’impegno del Comune di Varese per mantenere il servizio di trasporto pubblico, malgrado le tariffe siano state aumentate, ammonta a quasi un milione di euro, il che, nelle condizioni di strangolamento dei Comuni da parte del governo centrale in cui ci troviamo, denota un grande sforzo per mantenere un servizio molto complesso e difficile per la caratteristiche di Varese, città ad urbanizzazione diffusa ed orograficamente impegnativa.
Con la nuova legge di stabilità 2015, il governo Renzi ha ulteriormente ridimensionato il Fondo Nazionale Trasporti, con un taglio sulla Regione Lombardia di 155 milioni di €. Solo la grande importanza attribuita dalla maggioranza di Lega-Centrodestra al Trasporto Pubblico Lombardo ha indotto Regione Lombardia a destinare risorse proprie (circa 105 milioni) per attenuare il taglio di risorse ai trasporti agli enti locali.
Grazie a Regione Lombardia, le risorse tagliate al Comune di Varese per il trasporto pubblico sono solo di 130.000 €, mentre se fosse dipeso dalle scelte del governo Renzi, il taglio sarebbe stato almeno triplo, cioè circa 300.000 euro e sarebbe stato impossibile mantenere il servizio come i Varesini lo conoscono.
La cosa grottesca in tutto questo è che almeno 530.000 € il Comune di Varese li paga a titolo di IVA. Ciò significa che 530.000 € di TASI o IMU versati dai cittadini di Varese per la loro città vengono girati al governo di Roma.
Da quest’anno, con l’invenzione renziana dello “split payment”, questi soldi non verranno più versati al gestore del servizio, ma direttamente a Roma, rendendo ancor più evidente questa vessazione: i Varesini pagano le tasse al Comune che paga le tasse allo Stato Italiano, quasi che il Comune non fosse parte dello Stato Italiano.
A questo punto verrebbe da dire: magari non lo fosse!
Fabio Binelli
Assessore al Trasporto Pubblico Comune di Varese