Lavoro in provincia, dopo la grande crisi si risale

L’indagine condotta dall’Ufficio Studi e Statistica della Camera di Commercio, disponibile sul portale OsserVa

18 Giugno 2019
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Il sistema produttivo varesino dà lavoro a circa 261.800 addetti: questa la cifra che emerge dalla banca dati “Sistema Informativo Imprese e Lavoro” disponibile su OsserVa, portale statistico della Camera di Commercio che si trova sul web all’indirizzo www.osserva-varese.it.

Nonostante le perdite dovute alla lunga crisi, l’analisi evidenzia come ancor oggi l’industria sia un catalizzatore d’occupazione importante, con 93mila addetti, pari al 36% del totale provinciale. Le costruzioni occupano 20.300 persone (8%) e oltre la metà del lavoro si concentra nel comparto dei servizi, che conta 145.400 addetti, il 55% del totale. All’interno dei servizi, il settore commerciale impiega 48.700 addetti (19%) mentre gli altri ambiti danno lavoro a 96.700 persone (37% del totale).  Poco meno di 3mila sono poi gli addetti dell’agricoltura. «Un sistema economico che, nonostante sia stato messo a dura prova dalla crisi – sottolinea il presidente della Camera di Commercio, Fabio Lunghi –,conserva una capacità di rimettersi costantemente in moto, offrendo opportunità occupazionali sia ai residenti, sia a chi ogni giorno raggiunge il nostro territorio per motivi di lavoro».

Così, l’analisi ci dice che nel sistema produttivo varesino l’occupazione ha registrato un miglioramento a partire dalla fine del 2014, seppur con un’intensità piuttosto differenziata nei vari settori. Nel quinquennio dicembre 2012 – dicembre 2017, che nella sua prima parte aveva scontato gli effetti della bolla finanziaria esplosa nel 2008, il dato complessivo è in calo di un limitato 1,5% (- 3.900 addetti).

Le flessioni più consistenti si sono registrate nel secondario: l’industria manifatturiera ha perso oltre 5.100 addetti (-5,2%) e le costruzioni hanno mostrato un regresso marcato (-18,5%, pari a 4.600 addetti). All’opposto, l’occupazione nei servizi è cresciuta di 5.800 unità (+4,1%). Entrando nei dettagli, nel manifatturiero si nota una polarizzazione tra un primo gruppo di settori con perdite occupazionali molto consistenti (tessile-abbigliamento-cuoio -15%, macchine elettriche e elettroniche -11%, mezzi di trasporto -10%, altre industrie -8%) e un secondo con andamenti stabili o positivi (alimentare +5%, metalmeccanica e chimica-plastica con variazioni praticamente nulle). In posizione intermedia si trovano le Public Utilities (energia, gas, acqua, ambiente), con una riduzione degli addetti del 4%.

Sempre dall’esame delle variazioni occupazionali dicembre 2012 – dicembre 2017, si coglie che performance particolarmente positive si sono registrate nell’istruzione, sanità e assistenza private (+20%), nell’informatica, telecomunicazioni e media (+13%), nei servizi di alloggio e ristorazione (+11%), nei servizi avanzati alle imprese (+8%) e negli “altri servizi alle persone”, cioè attività culturali, sportive, di divertimento… (+6%).

Intanto, aumentano i nuovi contratti di lavoro che le imprese varesine intendono avviare: questo il dato che emerge dall’indagine Excelsior sui fabbisogni occupazionali. La ricerca, condotta da Unioncamere e Anpal, evidenzia infatti una significativa crescita dei contratti programmati: 61.130, con un aumento del 13% nell’arco di un anno. In particolare, si riscontra un crescente interesse per l’inserimento di figure “high skill” (cioè dirigenti, professioni specialistiche e tecnici) e di operai.

Quanto al livello di istruzione, le imprese varesine cercano soprattutto personale con diploma: qui il dato rimane costante al 36%, che cresce al 37% nei servizi mentre cala al 33% nell’industria.

Molto rilevante risulta la quota di entrate per le quali le imprese chiedono il possesso di un titolo di qualifica professionale (32% del totale, con un aumento di 5 punti rispetto al 2017). Sono soprattutto le imprese industriali a richiedere questo livello di istruzione (39% del totale del fabbisogno espresso dal settore), dato che ormai molto spesso, anche per le professioni operaie, il solo titolo di scuola dell’obbligo non è più ritenuto sufficiente. Anzi, da questo punto di vista, è interessante rilevare che a 8 operai su 10 viene richiesto il diploma o almeno la qualifica professionale.

Si mantiene stabile la propensione all’assunzione di personale in possesso di un titolo di studio universitario: 14% in complesso (9% nell’industria e 16% nel commercio e servizi).

Si riduce infine di 5 punti percentuali la propensione delle imprese verso persone senza uno specifico titolo di studio, la cui quota non supera il 18%.

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