«Il Giorno del Ricordo è una ricorrenza che deve unire gli italiani, non dividerli»

Lettera di Leslie Mulas (Orizzonte Ideale) in risposta alle critiche sollevate da Anpi e Sel contro la manifestazione, che si svolgerà martedì sera alle 19 a Varese, per commemorare le vittime dell’eccidio delle foibe

10 Febbraio 2015
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foibe

Varese quest’anno si appresta a ricordare in grande stile la tragedia che colpì gli italiani che vivevano in Istria, in Dalmazia e a Fiume e in generale lungo tutto il nostro confine orientale, ivi comprese Trieste e Gorizia. Il 10 Febbraio, giornata del ricordo dell’esodo e delle foibe, scopertura della targa dedicata ai profughi “istriano giuliano e dalmati” presso i giardinetti di via pista Vecchia alle 11.30 del mattino, e corteo dalle 19 lungo le vie del centro di Varese, dalle Ferrovie dello Stato fino a Piazza Monte Grappa. Per la prima volta anche la nostra città segue l’esempio di altri capoluoghi della penisola ospitando una manifestazione di largo respiro, che, inevitabilmente ma anche tristemente, è già stata bollata come di parte, di “destra”, di “nostalgici”, nonché inquadrata in un contesto di memoria storia che vede nel “fascismo il principale responsabile”. Va detto, quest’anno l’associazione partigiani e Rocco Cordì (consigliere comunale di SEL) si sono superati nelle loro critiche grossolane.

Andiamo con ordine.

Di parte. Il Comitato 10 Febbraio che promuove la manifestazione è apolitico e apartitico. Chiunque potrà partecipare e non saranno presenti loghi o bandiere di movimenti associazioni o partiti, ma solamente tricolori. Qualsiasi cittadino è invitato a partecipare, e d’altronde non potrebbe essere altrimenti dato che nelle foibe ci sono finiti italiani, di ambo i sessi, di tutte le età e di qualsiasi estrazione politica: fascisti, comunisti, cattolici, socialisti, ma anche preti, carabinieri, finanzieri, medici, e chi più ne ha più ne metta. L’associazione Orizzonte Ideale proprio per questo motivo non partecipa ufficialmente, ma io ed altri iscritti (chi vorrà) parteciperemo a titolo personale, perché non si può e non si deve mettere il cappello su una commemorazione del genere.

Di destra. Se alla manifestazione sono presenti esponenti di movimenti di “destra” è solamente perché, negli anni, la battaglia ideale per il riconoscimento di una giornata che ricordasse il dramma vissuto dalla nostra gente alla fine della seconda guerra mondiale è stata portata avanti dalla destra. Ma questo non è colpa della destra, semmai è un demerito della sinistra, che pure ha avuto suoi esponenti uccisi dai partigiani jugoslavi di Tito eppure se ne dimentica per comodità, perché Tito era comunista e antifascista, mentre gli istriani e dalmati in quanto contrari all’occupazione slovena delle loro terre, erano automaticamente bollati come fascisti.

Anche un bambino capirebbe quanto stupida sia questa affermazione, pertanto ci aspettiamo che l’anno prossimo anche delle associazioni di sinistra promuovano una manifestazione per la giornata del ricordo, magari organizzandola tutti insieme, per poter finalmente fare i conti col nostro passato. Speriamo raccolgano il mio invito anche se sono abbastanza pessimista a riguardo.

Nostalgici. Nostalgici di cosa? Non centra il fascismo in questa tragedia, e non centrano i colori politici. Se dobbiamo essere nostalgici di qualcosa, lo siamo solo di un’epoca storica in cui l’Istria e la Dalmazia erano nei confini italiani, come doveva e dovrebbe essere, perché quelle terre erano di storia, lingua e cultura latina, veneta e poi italiana, non slava. L’unica vera nostalgia che ci assale fa capolino quando, visitando Pola, Zara, Fiume o Capodistria e vedendo qua e là epigrafi, leoni di san marco, vestigia venete e romane, cimiteri pieni di tombe italiane ecc, pensiamo a come doveva essere bello per la nostra gente vivere in quelle terre e a quanto abbiano sofferto ad esserne stati cacciati.

La colpa è del fascismo. Questa è in assoluto la più enorme e colossale falsità che possa mai venir pronunciata. Ricordiamo, a chi pensa questo, che il “Giorno del Ricordo” è stato istituito per ricordare un dramma che nelle foibe ha solo il suo tratto più simbolico, ma che consta di molti aspetti che superano le foibe di per sé. Innanzitutto l’esodo, con 350mila persone che abbandonarono le proprie terre natìe per non diventare cittadini jugoslavi. Gli esuli furono in questo senso “italiani due volte”, per nascita e per scelta. Ma le tensioni sociali ed etniche tra italiani e jugoslavi avevano origine ben prima del fascismo e risalgono addirittura all’800, sotto l’Impero Austro-Ungarico.

La Lega Nazionale, associazione creata per difendere le aspirazioni nazionali di Trento, Trieste e Venezia Giulia, fu fondata nel 1891. Il primo grande esodo che coinvolse la Dalmazia e le sue città (eccezion fatta per Zara) culminò negli anni ‘20 appena finita la prima guerra mondiale.  Inoltre le violenze non furono indirizzate solo verso fascisti o presunti tali, ma verso chiunque rappresentasse l’italianità e la cultura latina in quelle zone. Lo scopo, acclarato storicamente e documentato da più parti, di Tito e della Jugoslavia, era uno scopo prettamente politico, ovvero portare il confine con l’Italia fino al fiume Tagliamento, e per arrivare a ciò si doveva dimostrare che i territori in questione erano “storicamente” slavi. Da qui le violenze sulla popolazione italiana, le pressioni per spingere le persone a scappare e gli episodi di snazionalizzazione quali abbattimento di monumenti, cambio dei cognomi ecc. Inoltre la foiba rappresenta l’immagine più diretta del dolore di quella gente, ma molti italiani vennero uccisi gettati in mare, oppure morirono nei campi di concentramento, uno su tutti Goli Otok. Pertanto le 15mila vittime di cui si parla non furono solo infoibate, ma vi rientrano anche morti annegati in mare o internati.

Tutti questi fatti sono ufficialmente riconosciuti dalla storiografia che sull’argomento è, per fortuna, molto ampia e precisa. Pertanto una persona, come il consigliere Cordì, o una associazione, come l’Anpi, che fa certe dichiarazioni, oltre a fare un torto alla sua nazione e ai suoi connazionali che hanno subito uno dei drammi peggiori, cioè quello di essere profughi a casa propria, perdendo affetti, legami e luoghi della propria vita, fa un torto anche ai tanti antifascisti che sono stati uccisi e perseguitati dagli sgherri di Tito solamente perché italiani.
Non so se queste dichiarazioni siano state fatte per non conoscenza dei fatti o  malafede, in entrambi i casi consiglierei ai diretti interessati di tacere per meglio fare bella figura.

Leslie Mulas
Orizzonte Ideale Varese

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