Evento Instabile, a Varese si ripercorre la storia dei “pionieri” della prima compagnia professionistica della Città Giardino

Un libro che racconta la nascita della prima compagnia stabile varesina e cinque giorni di eventi. I protagonisti celebrano quarant’anni di avventure e analizzano i problemi che questo settore sta avendo in Italia

26 Giugno 2014
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Un’avventura iniziata quarant’anni fa a Varese. Ma che ha messo radici altrove, perché quando si parla di cultura, purtroppo, Varese può essere considerata una “terra d’emigrazione”.

Non certo perché in città manchino talenti o iniziative, che anzi sono sempre abbondate e numericamente e qualitativamente fanno del Varesotto una delle terre culturalmente più attive in Italia. Il problema è quella “diffidenza” con cui storicamente le istituzioni hanno sempre guardato alle diverse realtà culturali emergenti, diffidenza che ha sempre frenato i possibili sviluppi di questa ricchezza. La città, al contrario, è sempre stato molto attiva nel mondo della cultura, “producendo” talenti e iniziative che, tuttavia, molte volte hanno avuto più successo in altre parti del Paese che nella città giardino.

Questo uno dei punti fondamentali emersi dalla presentazione di ieri sera, nella Sala Filmstudio90, dell’Evento Instabile (leggi qui), ovvero la “cinque giorni” di eventi e incontri culturali che accompagneranno i varesini fino a domenica. E durante i quali sarà ripercorsa la storia della nascita della prima compagnia stabile di teatro di Varese.
Storia raccolta anche nel libro appena dato alle stampe da Macchione Editore e scritto dai principali protagonisti dell’avventura della compagnia teatrale: “Teatro Instabile – fughe, aneddoti e teorie teatrali attraverso l’Italia degli ultimi decenni”.

Un piccolo preambolo alla presentazione di ieri sera è stato fatto da Giulio Rossini di Filmstudio90, che ha collaborato alla realizzazione dell’Evento Instabile.

Rossini ha messo in evidenza “la sinergia tra cinema e teatro che oggi è sempre più forte, anche se forse a Varese qualcosa si è perso. Mentre su altri fronti invece la nostra città ha saputo raccogliere e valorizzare iniziative culturali ed artistiche”.

Quindi un excursus storico su come nacque la Compagnia Instabile.

“Siamo partiti quarant’anni fa, con una compagnia di giovani, che venne definita velleitaria da giornalisti e critici – racconta Daniele Braiucca – non fu un buon inizio, fummo buttati in pasto a spettatori e critica. Ma dopo lunghe peripezie riuscimmo ad avere una grande occasione: sostituire una compagnia di Torino, che ci aveva notato, in una tournée in Sicilia”.

I teatranti torinesi erano stati chiamati a Parigi, e così le date siciliane erano libere. Ma qui il primo problema. “Di quattordici che eravamo, in dieci uscirono dalla compagnie. Del resto, era un salto nel buio: avrebbero dovuto lasciare le famiglie per diverso tempo e abbandonare i loro lavori”. Si ritrovarono in quattro, e riuscirono però a trovare nuovi ingressi tra alcuni attori e attrici professionisti di Varese, che entrarono nel cast.
Lo spettacolo d’esordio nazionale della Compagnia Instabile “fu collaudato a Bergamo, in occasione della Festa della Donna. Pensavamo si trattasse di un piccolo locale, e preparammo così uno spettacolo di circa 40 minuti. Invece era un auditorium strapieno con circa 500/600 spettatori”. In più arrivarono in ritardo di circa un’ora, a causa di un incidente che aveva bloccato l’autostrada. Di fronte alla perplessità degli organizzatori, Braiucca e Aldo Sicurella fecero credere che il ritardo facesse parte dello spettacolo. E che l’idea fosse proprio quella di allestire la scenografia a sipario aperto, davanti al pubblico, intrattenendolo con spiegazioni ed excursus storici sul teatro. “Dopo poco il pubblico si rese contro del bluff – racconta Daniele – e scoppiò a ridere. Fu insperabilmente un grande successo. Tant’è vero che decidemmo di adottare, in Sicilia, la strategia del ritardo, ovviamente solo di pochi minuti. L’idea fu apprezzata ed avemmo successo. Da qui la nascita del nome di Teatro Instabile, perché arrivavano sempre ad allestire tutto all’ultimo momento”.

Il terzo fondatore del Teatro Instabile è Eugenio Manghi, noto documentarista per importanti trasmissioni televisive italiane ed estere, emiliano di origine e varesino d’adozione. Che analizza il rapporto tra Varese e la cultura: “Non c’è mai stato un grande rapporto, per due motivi. Da un lato perché è sempre stata vista come qualcosa di elitario. Dall’altro per l’equazione, sulla quale però non voglio esprimermi, che la cultura è una cosa di sinistra. E quindi Varese, che non è mai stato molto a sinistra, l’ha sempre vista con diffidenza e timore”.

Accanto a loro erano presenti all’inaugurazione della cinque giorni Paola Bonesi, ex attrice del Teatro Instabile, ed Elisa Renaldin, che oggi dirige insieme a Braiucca il Teatro Elidan Varese. Mentre Aldo Sicurella, insieme Monica Pisano, dirige il Teatro Instabile di Paulilatino. Perché questo è il grande paradosso: il Teatro Instabile, nato dalla prima compagnia stabile di Varese, ha trovato una sede in Sardegna. E tra le ex attrici c’è anche Silvana Morandi.

Ma il teatro è dove lo si porta. Non sono le quattro mura. Anzi, in questo periodo di crisi del teatro, un’interessante riflessione è stata fatta proprio da Paola Bonesi, che, dopo il diploma al Piccolo, ha lavorato in ambito teatrale soprattutto a Trieste. “Il pubblico è parte integrante dello spettacolo – ha detto – purtroppo oggi c’è una fruizione del teatro simile a quella della televisione. Senza interazione. E questo è colpa anche delle compagnie, che si adeguano al nuovo tipo di pubblico, che si è formato quindi con i mezzi di comunicazione moderni, e non cercano  di modificare il rapporto, coinvolgendolo di più”.

Una riflessione che poi si è spinta ad analizzare il problema italiano della scarsa considerazione degli autori contemporanei, i quali non vengono pubblicati e i cui spettacoli hanno pochi spazi, mentre quasi tutta la produzione teatrale porta sulle scene esclusivamente i grandi classici. Al contrario degli altri Paesi europei dove invece i contemporanei hanno grande considerazione. E dove quindi chi vuole lavorare nel teatro ha decisamente più spazio.

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