
L’addio a Paolo Villaggio è stato per tutta l’Italia un momento triste e inaspettato, con lui è come se si spegnesse un’era, la comicità sana e divertente è un capitolo che quasi si chiude con il suo ricordo. Come ha sempre dichiarato lui “Il comico ha qualcosa di particolare in se. Un vero comico fa ridere anche con le piccole cose, se la comicità riesce a far ridere è perché tira fuori il bambino che c’è in noi”.
Dopo il saluto di tantissimi sui amici e colleghi, arriva oggi anche il cavalier Silvio Berlusconi che gli scrive una lunga lettera elogiando le sue qualità e ricordando i bei momenti insieme. La lettera riportata qui di seguito p stata pubblicata in prima pagina sull’edizione di oggi de Il Giornale.
“Caro Paolo, ora in cielo starai facendo sorridere gli angeli. Ma a noi, su questa terra, mancherà il tuo modo di prenderti e prenderci in giro, la tua maschera da commedia dell’arte, che sembra ingenua e spensierata ma in realtà inchioda i nostri vizi e le nostre debolezze. Guardando i tuoi film, seguendo i tuoi programmi televisivi, leggendo i tuoi scritti, era difficile non ridere, ma era ancora più difficile non riflettere. Sei stato uno dei protagonisti della tv commerciale, nei primi anni delle mie televisioni. Ci siamo conosciuti così. Lavorare con te era un piacere, e non solo perché le tue trasmissioni, come i tuoi film, assicuravano ascolti altissimi. Era un piacere perché eri un grande professionista, un uomo che conosceva così bene le regole dello spettacolo da saperle innovare, creare nuovi linguaggi, nuovi modi di fare cinema e intrattenimento televisivo. Sono orgoglioso di averti avuto nella nostra squadra. Eppure non eri privo di difetti. Non userò con te la vecchia regola latina de mortuis nihil nisi bonum: hai troppo senso dell’ umorismo per apprezzarla. Per esempio diciamo che non eri un modello di precisione. Ma avevi un modo talmente simpatico di farti perdonare che non era possibile arrabbiarsi con te. Una volta avevi mancato una scadenza importante per una produzione, mettendoci in difficoltà, e da contratto rischiavi una multa salata. Non dimenticherò mai quando ti vidi entrare carponi nella mia stanza abbracciandomi una gamba per chiedere perdono con la inconfondibile voce di Fracchia: «Sire, pietà!». Non provai nemmeno a far finta di essere arrabbiato. Non ci fu nessuna multa, anzi finì con un abbraccio. Per certi versi ti sono anzi debitore, soprattutto per i tanti momenti piacevoli nei quali i tuoi film, visti e rivisti, mi hanno fatto sorridere, magari a notte fonda, rinunciando a qualche ora di sonno, per recuperare il buonumore dopo una giornata faticosa e difficile. Ma soprattutto ti sono debitori tutti gli italiani, del fatto di essere stato un uomo libero, categoria così poco diffusa nel nostro Paese”.”