
Sincero, diretto, senza alcuna paura ad esporre argomentazioni e critiche articolate e, nemmeno, a fare nomi e cognomi. Nino Di Matteo ha riscosso la solidarietà e gli incoraggiamenti di centinaia di giovani, ieri pomeriggio, nell’Aula Magna dell’Università dell’Insubria.
Merito dell’incontro organizzato dalle Agende Rosse – il cui presidente nazionale Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, era tra i relatori – le quali hanno introdotto l’appuntamento con un video forte e diretto sull’attività del magistrato palermitano, degno successore proprio dell’eroe di via D’Amelio applaudito a lungo nel suo ricordo e in quello della scorta saltata in aria con lui. “La Magistratura soffre, da un lato, dell’accerchiamento concentrico di buona parte della politica e, dall’altro, dei suoi stessi mali, come il correntismo che fa venire meno l’autonomia”. Proprio l’autonomia dei giudici è, secondo Di Matteo, “la migliore garanzia di libertà e democrazia per ogni cittadino”.
Il pm siciliano ha poi citato “gli esempi di Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi, tramite Marcello D’Utri” per testimoniare come anche sentenze di terzo grado e dunque definitive non sono sufficientemente considerate dai mass-media e dall’opinione pubblica: “Una volta si diceva che l’informazione doveva essere il cane da guardia, oggi, invece, due casi tanto eclatanti di sentenze definitive e non di teoremi accusatori non vengono mai ricordati”. Non è un attacco diretto alla politica, “arte nobile che non deve essere svalutata sulla scia di luminosi esempi come Pio La Torre”, quanto piuttosto un’accusa “al servilismo imperante e vigliacco di molti mezzi d’informazione”.