
L’Università degli Studi dell’Insubria, in collaborazione con il Movimento delle Agende Rosse “Paolo Borsellino e Giovanni Falcone”, organizza un incontro con il magistrato Nino Di Matteo impegnato nella denuncia dei rapporti esistenti tra il mondo della mafia e la realtà istituzionale del nostro Paese.
L’evento “Chi ha paura di Nino Di Matteo?” è in programma sabato 5 dicembre 2015, alle ore 16, nell’Aula Magna dell’Università degli Studi dell’Insubria, via Ravasi 2.
Partecipano come relatori: il dottor Nino Di Matteo (Sostituto Procuratore di Palermo); l’ingegner Salvatore Borsellino (fratello del giudice Paolo Borsellino e fondatore del Movimento delle Agende Rosse), il professor Alberto Coen Porisini (Magnifico Rettore dell’Università degli Studi dell’Insubria); il professor Fabio Minazzi (Presidente del Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione); il professor Antonio Maria Orecchia (Docente di Storia Contemporanea). L’incontro è moderato dal dottor. Roberto Rossetti (laureato in Storia Contemporanea, Autore del libro “Paolo Borsellino: un eroe semplice”).
Il Movimento delle Agende Rosse è stato fondato dall’Ingegner Salvatore Borsellino; il Gruppo di Varese “Paolo Borsellino e Giovanni Falcone” è coordinato da Anna Parisi e Giancarlo Finessi ed è costituito da cittadini che agiscono affinché sia fatta piena luce sulla strage di Via D’Amelio a Palermo del 19 luglio 1992, nella quale furono uccisi il magistrato Paolo Borsellino e gli Agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Claudio Traina, Eddie Walter Cosina e Vincenzo Li Muli. Le loro iniziative hanno lo scopo di incoraggiare la parte migliore della società e delle istituzioni, onde sostenere tutti i rappresentanti dello Stato, spesso vittime di campagne di delegittimazione, che hanno scelto di dedicare la propria vita alla difesa della Costituzione e dei suoi principi.
Questa iniziativa a più voci è anche l’occasione per presentare il recente libro “Collusi” di Di Matteo e rappresenta un momento di riflessione e pubblico dibattito su temi della legalità e della lotta alla mafia.
A questo proposito il professor Minazzi precisa come «costituisca un dovere primario anche dell’alta formazione universitaria non dimenticare mai il problema, drammatico, della diffusione pervasiva della mafia nel nostro Paese e in molte sue strutture istituzionali. Da questo punto di vista la lotta contro la mafia non costituisce solo una battaglia civile a favore della legalità e del rispetto rigoroso delle leggi del nostro Paese, ma costituisce anche un impegno quotidiano per combattere la cultura mafiosa che costituisce il primo terreno di cultura dell’illegalità e di un familismo amorale sulla cui base si radicano le principali azioni criminali e delinquenziali perpetrate quotidianamente dalle mafie. In questa battaglia civile anche l’Università non può non svolgere un ruolo decisivo e prezioso per combattere la diffusione di una cultura e di una mentalità mafiosa che taglia alla radice la stessa possibilità di costruire un futuro di libertà e di ricerca conoscitiva per le nuove generazioni».