
Una “scena del crimine” allestita in diversi luoghi della città che nelle scorse settimane sono stati teatro di fatti di cronaca e un volantino che spiega “Qui hanno ucciso Varese”. CasaPound Italia Varese torna a protestare contro il degrado e l’insicurezza, scegliendo Viale Milano, Piazza Repubblica, Via Medaglie d’Oro e Via Bainsizza come simbolo delle condizioni in cui è sprofondata la città.
“Sono mesi che lanciamo appelli nel vuoto – afferma in una nota il responsabile di Cpi Varese, Gabriele Bardelli – e abbiamo dovuto attendere che fossero le forze dell’ordine a subire un assalto da parte di una trentina di immigrati per vedere qualche segnale di risposta della politica”.
“Anche tralasciando i fatti di cronaca più gravi, rapine con machete comprese – sottolinea Bardelli – è evidente da tempo che le condizioni di vivibilità delle periferie e di alcune zone del centro sono diventate inaccettabili. Negare una relazione tra il degrado in cui è precipitata la città e l’aumento incontrollato dell’immigrazione è una palese ipocrisia. Sarebbe sufficiente fare un giro la sera lungo Viale Borri o chiedere ai residenti di Via Bainsizza cosa pensano della situazione attuale e quale sia la loro percezione di sicurezza della zona”.
“Purtroppo – sottolinea ancora Cpi – la politica riserva le proprie attenzioni alle zone del centro, preoccupata dal fatto che la movida possa essere disturbata dal degrado e che le decine di immigrati che quotidianamente passano le proprie giornate ad ubriacarsi in zone suddivise su basi rigidamente etniche possano disturbare chi a Varese viene per lo shopping, per i ristoranti o per i locali. E intanto però foraggia quella stessa immigrazione che relega nei ghetti: è notizia di questi giorni lo stanziamento di 4 milioni di euro per la gestione di 500 profughi da qui a fine anno”.
“Fondi destinati a riempire le tasche dei soliti noti, che con la scusa dell’accoglienza – conclude Bardelli – si arricchiscono con i soldi pubblici, mentre le famiglie italiane restano sempre sullo sfondo, dimenticate e abbandonate in uno stato di necessità che spesso è estrema, come abbiamo constatato nei mesi trascorsi ad assisterle”.
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