“La vicenda del Molina con la sentenza del TAR Lombardia pubblicata in questi giorni che riammette i componenti del consiglio d’amministrazione al proprio posto e dà al Sindaco Galimberti la funzione di vigliare sulla Fondazione riaccende il faro su una delle vicende più torpide della storia politica varesina. Ritorna nella stanza dei bottoni un Cda che è accusato, in sede penale, sulla base di quanto letto sui giornali fin qui, di aver utilizzato il patrimonio della Fondazione per concedere prestiti a soggetti privati, tra cui una televisione locale da ricondurre alla Lega civica, pur non essendo un soggetto abilitato a fare prestiti soprattutto con il denaro dei propri ospiti. Le accuse in sede penale sono gravissime, se fondate e confermate dalla magistratura, mentre il profilo della giustizia amministrativa di primo grado non rappresenta una vittoria per nessuno, ma rende sempre più complicata e imbarazzante la posizione del nostro sindaco, il quale dice che si esprimerà dopo aver letto con calma la sentenza. Una calma che dura ormai da due anni e che probabilmente durerà strategicamente fino alle prossime elezioni nazionali e regionali perché in campagna elettorale sarebbe troppo pericoloso esporsi e la calma è d’obbligo. Una calma voluta, un ‘non decidere’ meditato e concordato perché quando al Sindaco conviene decidere in fretta lo fa, come nel caso del recesso del comune di Varese dalle due società partecipate che si occupano della depurazione delle acque reflue e delle fognature a Varese. Un’altra vicenda sulla quale faremo presto altre riflessioni. In quel caso in tre mesi si è deciso tutto perché conveniva così, mentre sul caso Molina conviene non prendere posizione e chissà poi perché. Nel frattempo i poveri scudieri del PD sono costretti a dichiarare che la colpa di tutta questa vicenda del Molina è di Maroni, altri media aggiungono Cattaneo, e del sistema sanitario lombardo, profilo legislativo compreso, il quale non ha trasferito esplicitamente le funzioni di controllo dalle ASL alle ATS, rimanendo invece tali funzioni, secondo il TAR Lombardia, in capo al Sindaco, il quale nomina i componenti del Cda e probabilmente li può revocare. Tanto più che questo Cda è di nomina del centrodestra e casualmente è l’unico che questa maggioranza ha lasciato al suo posto e lo difende senza mezzi termini. L’alibi è la natura totalmente privata della Fondazione, nonostante la nomina comunale-partitica dei componenti dei suoi amministratori e l’utilizzo importante di denaro pubblico per l’esercizio delle proprie funzioni.
La situazione non è più sostenibile e il sindaco ora deve prendere una posizione anche politica anche perché ATS ricorrerà in appello e il Consiglio di Stato potrà intervenire immediatamente, ribaltando come spesso accade la sentenza dei prudenti giudici di primo grado, in sede cautelare come fatto dal TAR in attesa della sentenza di merito e allontanare nuovamente il Cda dalla fondazione per far tornare il commissario Pallino. Spero che il presidente del Molina e i componenti del suo consiglio di amministrazione non festeggino il rientro perché la porta del Molina da tempo è girevole, si entra e si esce con estrema facilità, e a tale proposito mi domando il perché il suo presidente si presti a queste continue umiliazioni e non scelga invece di farsi da parte almeno fino a quando la vicenda penale non si chiuda definitivamente.
La situazione è tra il tragico e il ridicolo. Il sindaco è tra l’incudine e il martello e non sa che pesce prendere. Forse con il senno di poi l’accordo del 2016 con la Lega civica non l’avrebbe mai fatto se avesse saputo della difficoltà politica e non solo in cui si sarebbe trovato un giorno, ma la lungimiranza non è una virtù di tutti, anche se dovrebbero esserlo sempre per un candidato sindaco il quale al beneficio immediato di un pugno di voti avrebbe dovuto anteporre la serenità politica futura della propria amministrazione e della propria città.”
Roberto Leonardi
Coordinatore di Forza Italia Varese