VARESE – Non c’è pace per il centrodestra varesino, dilaniato dalle lotte interne ad un anno, ormai, dalle elezioni amministrative. Ma cosa sta succedendo?
FUSIONE A FREDDO
Ripercorrendo la storia recentissima di Forza Italia si comprende subito che “Liberi per Varese“, il gruppo consiliare nato dall’unione tra gli azzurri e l’UDC per giustificare l’ingresso in giunta di Mauro Morello, è stato forgiato con una fusione a freddo mai compresa né digerita appieno da una parte del gruppo dirigente forzista. Da quel giorno il percorso della maggioranza di centrodestra è stato irto di ostacoli: nell’ordine la defenestrazione di Stefano Clerici (con gli evidenti malumori che ha generato), la nomina di Santinon (con la contestuale mancata “promozione” ad assessore di Piero Galparoli), i continui distinguo in Consiglio Comunale dei dissidenti Fabio D’Aula e Mimmo Battaglia (che hanno mal digerito il peso preponderante assunto dall’UDC nella nuova compagine), fino ad arrivare allo stallo sulla nomina del capogruppo e allo scivolone (ovviamente calcolato e non frutto del caso) sulla vendita di azioni di A2A. Ad aggiungere benzina sul fuoco l’uscita velenosa di Giacomo Cosentino, che suona come una denuncia di scarsa trasparenza nella gestione del neonato gruppo.
Il consigliere di Orizzonte Ideale, rinunciando contestualmente a qualsiasi carica all’interno di Liberi per Varese (e preferendo quindi il ruolo di battitore libero), punta il dito sulla mancanza di regole all’interno di un gruppo che viene dipinto come litigioso, sconclusionato e poco limpido nella scelta delle strategie e della classe dirigente.
CAPITOLO NOMINE
E proprio le nomine dei prossimi cda potrebbero essere il nodo cruciale dell’amministrazione comunale varesina, ad un passo dall’ennesima crisi. Oggetto del contendere è la Fondazione Molina: 5 membri (non retribuiti) del consiglio d’amministrazione, di cui uno con funzioni di presidente, in un settore delicato e decisamente ambito come quello del sociale, terra di conquista, storicamente, della classe dirigente democristiana. E proprio l’UDC dovrebbe passare nuovamente all’incasso, dopo aver posto l’opa sulla giunta Fontana con Mauro Morello, ottenendo la nomina a presidente del Molina di Christian Campiotti: secondo i soliti rumors, ci sarebbe un accordo provinciale (ma di cui i consiglieri comunali padani e forzisti giurano, con evidente disappunto, di non sapere alcunché) tra Lega, Forza Italia e UDC sul nome dell’ex assessore provinciale ai servizi sociali. Un uomo di comprovata esperienza nel settore, forse proprio per questo motivo mal visto da tanti esponenti della maggioranza di centrodestra, che sanno bene come gli ex-DC sappiano navigare con maestria (nella generazione del consenso) nell’oceano del cosiddetto “sociale”.
QUESTIONI DI OPPORTUNITA’
Ma ad agitare ulteriormente le acque c’è la nomina degli altri 4 componenti del cda (di cui uno indicato dal Prevosto di Varese): se la scelta della Lega nord pare sia caduta su Alberto Aimetti, il vero problema, manco a dirlo, sorge in casa forzista. Più di un dirigente azzurro ha lasciato intendere che non vi sia stato un reale confronto per l’indicazione dei nomi da sottoporre ad Attilio Fontana: a farla da padrona dovrebbe essere ancora una volta Agorà, che sembra abbia già indicato al Sindaco i nomi di Leandro Ungaro e di Edoardo Antonio Paganini.
Proprio quest’ultimo nome potrebbe suscitare più di un imbarazzo nella maggioranza di centrodestra e creare qualche problema a Fontana: Paganini, responsabile di Medicina Generale all’azienda ospedaliera varesina, pare sia incidentalmente anche marito della direttrice sanitaria…del Molina.
IL CASO ESISTE?
Il Partito Democratico, proprio qualche giorno fa, aveva auspicato, per bocca di Fabrizio Mirabelli e Luca Paris “totale trasparenza” nella scelta dei membri del cda della Fondazione Molina; stesso criterio è stato invocato dal consigliere comunale Giacomo Cosentino. Che vi sia un nesso con la scelta di indicare il dottor Paganini? Il dubbio è legittimo, come è lecito domandarsi perché mai Attilio Fontana dovrebbe creare con le sue mani (il borgomastro firma di suo pugno la nomina) un ulteriore problema di difficile gestione, ad un anno dalle elezioni e con gli animi già ampiamente surriscaldati.
Una questione di opportunità, quindi: Paganini (controllore, in quanto membro del cda) dovrebbe valutare sua moglie (controllata, in quanto direttrice sanitaria della struttura).
Con la sua nomina, forse, la politica perderebbe l’ennesima occasione per risultare credibile agli occhi degli elettori.
Nerio Cavalieri