Il ritorno dell’operaio poeta. Che porterà i suoi versi di lotta nel “salotto buono” della città giardino.
Sandro Sardella, operario poeta, ha cantato il lavoro e i diritti dei lavoratori attraverso la sua penna pungente, con i suoi versi potenti ed evocativi. La sua è la liricità della poesia quotidiana, il sudore della fronte che diventa parole di lotta ed emancipazione. Così, dagli anni Settanta in avanti, è nata e si è sviluppata la sua poesia. Diventando sempre più forte, sperimentando nuove forme (e accompagnandosi ad altre forme d’arte), fino ad arrivare a quella forme che si può definire “epica moderna” dei Discanti. Accanto ai quali porta avanti anche altri lavori, come l’essenzialità della poesia del Telegramma.
Essenziale, ma pungente. Le parole di Sardella colpiscono sempre l’obiettivo. E fanno nascere quel sentimento che chiede rivoluzione.
Ecco alcuni passaggi dell’ultimo libro del poeta:
9 Il lavoro significa libertà
un prurito al piede destro e
scarpe bianche del tennis
schiacciata una merda.
10 L’Italia furba incognita
tutte le domeniche
voci in giro di ragazzine
petizioni al pifferaio impiallacciato.
14 Parla attarverso il megafono sofferente
un testa-casco incarbonato
m’ha tolto il fiato
l’odore del lavoro
Sandro Sardella, nome noto della poesia italiana e tra i finalisti del recente Expoetryslam della casa editrice abrigliasciolta, sarà ospite quindi venerdì 18 aprile alle 18.30 alla Libreria del Corso, in corso Matteotti, a Varese. Leggerà alcune poesia tratte dal suo ultimo libro, “Telegramma”. Nell’occasione saranno allestite in vetrina anche delle opere visive di Vito Scamarcia, con il quale è stato realizzato il libro.