
Il castello crolla, ma il castello è vincolato. Per di più il castello non è nemmeno tutto del comune: circa un quinto della proprietà appartiene a un privato che non ha intenzione di cederla gratis. Eppure l’amministrazione comunale essendo ente proprietario per legge del suddetto castello, quello di Belforte, è tenuta a fare il possibile per tenerlo in piedi.
Una grana non da poco quella riaperta con l’ultimo, importante crollo mercoledì sera nell’edificio tanto mal messo da essere soprannominato “il rudere”: a differenza di altri immobili tutelati dalla Sovrintendenza come l’ex Caserma Garibaldi o Villa Baragiola, su questo non c’è neanche lo straccio di un’idea sul da farsi. Non è di pregio e non è neppure in un una posizione appetibile per un possibile operatore.
Secondo una parte dell’amministrazione comunale, peraltro trasversale, a prescindere dagli obblighi di legge merita però di essere conservato e il più possibile valorizzato in quanto rappresenta una delle pochissime testimonianze antiche della storia di Varese. “La storia è fondamentale e il luogo su cui sorge viene citato dalle cronache dell’epoca comunale perché nel 1164 vi aveva sostato il Barbarossa andando a Milano – racconta l’assessore all’Urbanistica Fabio Binelli – si narra che “illi di Belforte” andarono lì per salutarlo. Non aveva certamente la forma attuale che ha acquisito nel 1600, ma qualcosa c’era. A Varese sono rimaste pochissime tracce così antiche: abbiamo il battistero, la chiesa di Santo Stefano e la trifora in via Albuzzi”.
Eppure il Comune non trova vie d’uscita dal solito “cul de sac”: il patto di stabilità impedisce di spendere i soldi in cassa per intervenire, nonostante ci siano, e l’unica alternativa consentita è far intervenire un privato che però a fronte di una spesa di diversi milioni di euro deve avere una prospettiva di rientro dall’investimento con qualche tipo di attività economica.
“Il problema è cosa farci” chiarisce Binelli. Perché qualcuno si faccia avanti serve una destinazione che assicuri una rendita. “La prima e ultima ipotesi presa sul serio era stato il trasferimento del liceo artistico poco meno di vent’anni fa, all’epoca della giunta Fassa – racconta – si era pensato di acquisire la parte privata, sistemarlo e predisporlo per la scuola, ma quando l’amministrazione vide il costo complessivo che all’epoca ammontava a 14 miliardi di lire l’idea fu immediatamente accantonata”. La sistemazione parziale avviata nel 2004 con 450 mila euro a carico dell’Iper di Varese per l’ampliamento ha migliorato lo stato complessivo, ma tutt’ora l’edificio è inagibile e la spesa per adibirlo a qualunque attività è elevatissima.
“Nel Piano di governo del territorio – continua l’assessore – è stato destinato a servizi come gli altri immobili vincolati e le sedi dei musei civici, ad esempio Villa Baragiola, Villa Mirabello, il castello di Masnago. Qualche idea è stata messa sul tavolo ma al momento non c’è niente di concreto”. Il progetto punterebbe al fatto che i terreni intorno, non edificabili e con vincolo paesaggistico, potrebbero diventare un piccolo vigneto mentre il castello potrebbe ospitare un ristorante di livello o un agriturismo. Ma sono attività che difficilmente potrebbero rendere interessante l’investimento.
La strada della conservazione a rudere indicata alcuni anni fa è forse la più realistica, anche se andrebbe acquisita la parte privata. Per questa ragione c’è un mandato di acquisizione agli uffici del Patrimonio fermo lì da tempo immemore.