Operazione “Città Nostra”: smantellata la rete di spaccio gestita da albanesi: a Varese 13 arresti e quattro locali sequestrati

La banda aveva messo in piedi una fitta rete che usava come basi logistiche per lo stoccaggio e la vendita di stupefacenti alcuni esercizi pubblici di Varese e dintorni

06 Giugno 2014
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Oltre 200 gli uomini messi in campo e 80 gli automezzi, con l’impiego anche di unità cinofile delle tre Forze di Polizia provenienti dai nuclei di Malpensa e di Orio al Serio, nell’operazione interforze “Città Nostra” che ha coinvolto i Carabinieri del comando provinciale e la Squadra Mobile coadiuvata da personale della Questura, ed il Comando Provinciale della Guardia di Finanza. Hanno eseguito, nell’ambito di un’attività di indagine coordinata dalla Procura di Varese  – dott. Agostino Abate – 40 decreti di perquisizione, emessi nei confronti degli appartenenti ad un sodalizio criminale, composto da albanesi e da sottoposti italiani, dedito al traffico di stupefacenti (hashish, marijuana e cocaina) nel capoluogo e nei comuni limitrofi.

 

L’operazione odierna è stata denominata “Città Nostra” a simboleggiare la volontà delle istituzioni di marcare il territorio, non consentendo la presenza di oasi di impunità per i malviventi. Le operazioni hanno scardinato l’articolato sistema dell’agguerrito gruppo criminale, operante ormai da anni nella città giardino e divenuto predominante nel settore dello spaccio di stupefacenti, arrivando finanche ad acquisire, di fatto, la gestione di attività commerciali e non solo, come dimostra il totale controllo esercitato sulla Sala Bingo di Varese.

Particolarmente rilevanti sono stati gli esiti delle attività, concluse con l’arresto di 9 persone e il fermo di indiziato di delitto di altre 4 per detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti.
A finire in manette sono stati i fratelli albanesi Leonard Colaj (30anni), Zefian Colaj (22) e Landi Colaj (38), Giovanni Aldo Marangella (26), Tusha Gjergj (21), Ferdinand Ndoja (36), Decimo Letizia (55), Gjovalin Preka (29), Klodjan Makaj (25), Erlin Malaj (27), Valentin Marinaj (26), Deniz Dashaj (25) e infine la cittadina brasiliana Marianna Gabriella Vale Giubileo (22).
La dinamicità delle operazioni ha consentito, oltre che di rinvenire materiale probatorio vario presso i domicili degli indagati, anche di procedere, per 4 degli arrestati, nella flagranza del reato di spaccio di stupefacenti in quanto, nel corso dei numerosi servizi di osservazione appositamente predisposti nelle aree notoriamente “occupate” dai malfattori,  sono stati sorpresi all’atto di occultare o cedere dosi di stupefacente ad alcuni acquirenti.
Complessivamente dunque, nel corso delle perquisizioni, sono state poste sotto sequestro circa 40 dosi di cocaina e altri 100 gr. della stessa sostanza ancora da confezionare,  oltre a 11 gr. di hashish, 21 computer, 42 telefoni cellulari, 8 veicoli, 4 locali pubblici (tra i quali la Sala Bingo di Varese) e circa 15.000,00 euro e 400 dollari in contanti, allo scopo di tagliare ogni utile mezzo di sostentamento ai malfattori.
L’attività di indagine, culminata nell’operazione odierna e condotta sotto la supervisione dell’ufficio del G.I.P. del Tribunale di Varese, dott.ssa Anna Giorgetti – che ha peraltro già visionato e convalidato, nel tempo, numerosi atti procedimentali e i riscontri probatori acquisiti sul conto degli indagati – ha avuto la sua genesi nel 2012, anno in cui veniva individuata nella città di Varese e comuni limitrofi, un’attività di spaccio di sostanze stupefacenti gestita, con modalità particolarmente aggressive e disinvolte, da cittadini albanesi che avevano posto in essere una vera e propria “colonizzazione” del territorio.
Contestualmente, le indagini in corso si intrecciavano con le risultanze di altra attività investigativa inerente la programmata evasione del detenuto Filadelfio VASI, da effettuare in occasione di una udienza programmata presso il Tribunale di Varese e sventata dai Carabinieri di Varese il 27 settembre 2012 al culmine di una vasta operazione di contrasto. In particolare, emergeva che alcuni dei correi del menzionato tentativo di evasione, gestissero una florida attività di spaccio di sostanze stupefacenti nel comune di Azzate e si fossero “alleati” con il parallelo sodalizio di Varese allo scopo di compiere l’eclatante azione criminale.
A seguito del fermo del P.M. eseguito il 17 dicembre 2012 a carico di Umberto ARBOLINO, fiancheggiatore storico di Filadelfio VASI trovato in possesso di alcune dosi di cocaina, veniva identificato il principale fornitore della citata sostanza stupefacente in Leonard COLAJ, il quale poteva contare sul supporto di un nutrito gruppo di connazionali.
Lo sviluppo delle attività, eseguite mediante una notevole mole di indagini tecniche nonché numerosi servizi di osservazione e pedinamento sul territorio, ha così consentito di giungere ai seguenti risultati:
il 20.11.2012 personale della Questura di Varese traeva in arresto Landi COLAJ per detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti, in quanto trovato in possesso di alcune dosi di cocaina;
il 22.07.2013 venivano deferiti in stato di libertà dalla Questura di Varese Nikolin QAFALIJAJ, Alfons DASHAJ, Leonard COLAJ e Alexander COLAJ, per rissa e lesioni personali, mentre il solo Alexander COLAJ veniva accusato anche di  tentato omicidio in quanto aveva provocato delle lesioni gravi a Leonard COLAJ, nell’ambito di una diatriba legata alla gestione della piazza varesina;
il 4.11.2013 personale della Questura di Varese traeva in arresto Erlin MALAJ, trovato in possesso di 33,20 grammi di cocaina;
il 7.11.2013 i Carabinieri del Comando Provinciale di Varese traevano in arresto Anton LLESHI, trovato in possesso di 19 dosi di cocaina.

Il sodalizio disponeva altresì di alcuni esercizi pubblici – talvolta gestiti indirettamente tramite terze persone –  nei quali avveniva lo spaccio dello stupefacente, in particolare la “Sala Bingo” di Varese di via Tagliamento, il “Piper” di Varese in viale Belforte e il  “Club New Paradise” di Varese in via Dalmazia, oltre al ristorante/pizzeria “Da Decimo” di Varese nella stessa via Tagliamento, tutti attualmente sottoposti a sequestro. In numerose circostanze, inoltre, i locali indicati si trasformavano in veri e propri “bunker” all’interno dei quali i componenti del sodalizio svolgevano summit finalizzati all’organizzazione delle dinamiche criminali, disponendo delle vedette all’esterno allo scopo di individuare la presenza di eventuali pattuglie delle forze di Polizia.
Particolarmente nutrito è risultato il parco auto a disposizione dell’organizzazione. I veicoli, intestati quasi sempre a terzi compiacenti, venivano di continuo fatti ruotare tra i correi, così come le utenze cellulari a loro in uso. La forza d’urto di cui disponeva la falange albanese del sodalizio e l’estrema violenza dei suoi componenti ha così portato – come palesemente emerso dalle indagini – alla totale sottomissione della componente italiana, di fatto impiegata nell’attività di distribuzione dello stupefacente.
Proprio il modus operandi legato allo spaccio era abbastanza elementare, ma artatamente finalizzato ad eludere i controlli di polizia: i cosiddetti “cavallini” avevano delle utenze dedicate con le quali evitavano di comunicare verbalmente -al fine di evitare il loro eventuale riconoscimento vocale- e ricevevano degli sms dai vari clienti o dei semplici squilli,  dando conseguentemente indicazioni criptiche sulle località di incontro, che spesso venivano cambiate all’ultimo istante.
Sono state numerose le persone individuate quali acquirenti nel corso dell’intera attività e sono stati effettuati svariati riscontri, sia diretti che indiretti; tra i clienti risultano anche persone insospettabili e particolarmente facoltose, capaci di ritirare nell’arco temporale di un mese anche 400 dosi già confezionate di cocaina.
Estremamente ingegnoso è risultato l’artificio usato per occultare lo stupefacente, in attesa della consegna. Infatti, al fine di evitare, in caso di controllo da parte delle Forze di Polizia, di essere  trovati in possesso di un consistente quantitativo di stupefacente ed incorrere così in un arresto in flagranza per “detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti”, i “cavallini” avevano individuato una serie di nascondigli all’interno di aree pubbliche ove posizionavano dei contenitori – in genere comuni pacchetti in plastica di caramelle – imbottiti di stupefacente già suddiviso in dosi, dai quali prelevavano, pochi istanti prima di partire per ciascuna cessione, solo il quantitativo concordato telefonicamente, tra l’altro preoccupandosi di fare numerosi giri “a vuoto” prima di raggiungere la località di occultamento.

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