Venerdì 5 maggio, alle ore 21, presso la Sala Montanari di Varese, sarà proiettato “Noi, i Neri”, il nuovo film del regista varesino Maurizio Fantoni Minnella. Il film nasce da un soggetto di Maurizio Fantoni Minnella che ha curato anche le riprese e il suono, il montaggio è di Francesco Fogliotti, musiche di Victor Demé, Lamine Konté, organizzazione generale Miriam Antognazza, consulenza artistica e logistica Therry Dieng, fotografia e regia Maurizio Fantoni Minnella. Il fil è una produzione di FreeZone 2017.
Il film è stato girato in Italia e in Senegal (Dakar, isola di Goree, Kayar, St. Louis) dal mese di agosto 2016 a gennaio del 2017, con la collaborazione di Cisv, Ballafon, Associazione Janghi. La produzione ha il patrocinio dell’Unesco, Amnesty International, Fondazione Cariplo, Consiglio Regionale della Lombardia. Con il contributo di Fondazione Cariplo e del Consiglio regionale della Lombardia. L’iniziativa si svolge con il patrocinio dell’assessorato ai Servizi sociali del Comune di Varese.
Sinossi:
Il film mostra l’immigrazione da un’angolazione singolare, ossia non attraverso le immagini degli sbarchi, dei luoghi di detenzione temporanea, tanto care all’immaginario giornalistico televisivo, ma cogliendo le vite dei migranti in una zona grigia, una sorta di limbo sospeso tra la tragedia dell’arrivo e l’illusione e la speranza di una vita nuova.
Filo conduttore del film sono le storie di Lamine, senegalese del Casamance, fuggito dal suo paese per ragioni politiche, novello scrittore, poeta e attualmente disoccupato, e di Valentine, giovane cantante e musicista congolese che vive con la madre anziana e sogna di diventare un grande artista africano, che si alternano alle vite di giovani profughi africani fuggiti dalla guerra, riuniti in alcuni appartamenti, in attesa di una nuova vita. Di essi vengono colti i tempi morti durante le sere: cellulari, televisione, brevi conversazioni, andirivieni per strada e molta solitudine. Ma anche la volontà, spesso illusoria, di conoscere una nuova lingua in un paese nuovo. Oppure di mettere in scena uno spettacolo di ballo e di canto in cui rappresentare in senso catartico la propria storia fatta di tragedia e di speranza. L’azione successivamente si sposta nell’isola di Goree in Senegal, simbolo dello schiavismo storico, memoria dell’olocausto africano e oggi luogo di pace, e nella città di St.Louis, da cui ancora oggi, partono navi cariche di Africani verso l’Europa, in una nuova, più ambigua e sofisticata forma di schiavismo. E’ un viaggio all’origine del disagio e dell’idea di emigrazione, di fuga che ha come contrappunto l’attività di alcune ong che, ad esempio, offrono l’opportunità alle donne africane di lavori in diversi ambiti. Perché fuggire rischiando la propria vita se è possibile costruirsene una nuova nella propria terra?!. Sono, infine, ben riconoscibili tre diversi livelli di percezione della realtà occidentale attraverso i diversi protagonisti: i ragazzi e le ragazze africane appena giunte in Italia, Valentino e Lamine, che dopo pochi anni trascorsi in Italia, nutrono ancora delle speranze di una vita normale.