“La poesia è il suono della bellezza”. Intervista alla poetessa Ada Crippa

Le parole di Ada Crippa raccontano le piccole cose importanti del mondo. E la necessità di lottare per la giustizia sociale e il miglioramento delle condizioni di donne e uomini

16 Luglio 2014
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Ada

Ada Crippa è una voce severa e dolce allo stesso tempo. Perché sa coniugare la potenza della poesia civile e politica con i versi delicati di chi guarda il mondo e sa ancora stupirsi per la bellezza della natura e delle persone, nonostante tutto, come ha dimostrato con il suo ultimo libro (leggi qui).

Operaia brianzola, scrive poesie sin dall’infanzia attingendo dalla bellezza naturale del mondo circostante.
Partecipa a “carovana dei versi-poesia in azione” abrigliasciolta da qualche anno e ai vari campionati di Poetry Slam, tra cui EXPOETRYSLAM abrigliasciolta, grazie al quale accede come finalista alle selezioni lombarde LIPS di maggio 2014 a Monza.

Un assunto del suo pensiero lo troviamo in queste parole (pubblicate su “VELE” edizioni LietoColle- 2007)

“la poesia è il suono della bellezza,
della vita, la bellezza
o del dolore
per la sua distruzione o assenza”

Da sinistra la grandissima poetessa Ada Crippa, Marc Kelly Smith e Ombretta Diaferia

La poesia come strumento per modificare e lottare nella società. Ha ancora senso?

Se partiamo del presupposto che Giacomo Leopardi sosteneva che il linguaggio e la letteratura sono la più alta forma di comunicazione umana e la poesia ne è la cima, è dalla maturità e bellezza della parola di cui la poesia è l’emblema, che si evolvono le società.

La sua poesia è una lirica che sale lentamente e pervade l’animo umano. È caratterizzata da quel suono di “per chi suona la chitarra” che cerca uno scopo. Da cosa nasce?

Ognuno di noi ha una sua precisa o vaga interpretazione di cosa sia la poesia. Per me nasce nel crogiolo degli elementi materiali e immateriali: esperienza vitale, immaginazione, sensi, se è vero, com’è vero che, la poesia, è ”suono, senso e immagine”. Nasce in primo luogo da un’emozione sensoriale di qualsiasi natura e intensità per la quale si cerca di capire il perché di tale sentire e quindi ci s’inabissa, o ci si eleva, alla ricerca del significato di cui è portatrice. L’emozione stimola l’intelletto e si costituisce come pensiero riflessivo per darsi ragione d’essere ed è in questo percorso, questo risalire il fiume delle emozioni che nasce la poesia per restituire l’attimo poetico portatore di significati da scoprire e svelare. La poesia è nel respiro di ogni cosa e situazione e si scrive solo per se stessa, per la bellezza che gli è propria.

“L’Italia sta diventando un Paese fascista/razzista/cattivo” sono i versi dell’ultima poesia, “Italia”, che ha portato davanti al pubblico, ottenendo anche la vittoria di una selezione di EXPOETRYSLAM, edizione 2013/2014, a Varese e godendo di una doppia pubblicazione come testo con altri otto della performance ANTIRACIST POETRYCARDS che il  collettivo “carovana dei versi – poesia in azione” abrigliasciolta ha presentato per la prima volta a febbraio alla Casa della Poesia di Milano. Come nascono questi versi?

Nascono sempre in e dal quel crogiolo di cui parlavo. La poesia che ho portato allo slam di Varese, “Italia”, è nata dalla consapevolezza della realtà, dagli episodi di razzismo, dall’omofobia, da quell’atteggiamento d’intolleranza e di condanna dall’altro da sé, dal diverso. Episodi in crescita che si stanno verificando ripetutamente nel nostro paese e non solo. Queste poesie trovano la loro origine nell’amarezza di tutto ciò compresa la perdita diffusa di un bene comune come la memoria della propria storia e nascono dal sapere del danno umano generato dall’impero del brutto, citando Tomaso Kemeny, da quell’effimero consumismo generato e tenuto in vita dal mercato delle diseguaglianze del capitalismo. La cultura che sottende a quest’idea del mondo è il possesso dei beni materiali e ovviamente del “sei” in quanto li possiedi, non in quanto “sei” persona d’animo e d’intelletto. In tempi di crisi, la perdita del proprio status, o la paura di perderlo, genera cinismo, cattiveria, imbarbarimento.

I suoi versi hanno valore sociale e politico. La poesia può influenzare la politica e l’azione civile oggi?

Intensificando gli eventi poetici. Penso ad esempio ai reading fuori dalle fabbriche o nelle sale mensa dove di solito si tengono le assemblee dei lavoratori in accordo con i loro rappresentanti e datori di lavoro. E diffonderli anche nelle scuole in accordo con i consigli di circolo e d’istituto. Ma i poeti devono associarsi e fare progetti collettivi da presentare sul terreno sociale e istituzionale come ad esempio sta facendo da anni “carovana dei versi-poesia in azione” abrigliasciolta. I poeti devono far sentire la propria voce alle istituzioni per stimolare le loro scelte politiche nell’ambito culturale e prendersi carico della diffusione quale riconoscimento di una lingua necessaria alla crescita civile.

In “Giovani comunisti” racconta come ha iniziato a recitare in pubblico per la prima volta. Cosa è cambiato rispetto a quegli anni?

È cambiato molto. La mia generazione, quella dei “giovani comunisti”, aveva dentro di sé i valori vividi e caldi della Resistenza appena passata e vissuta dalle proprie famiglie.
Quella generazione ha goduto di un travaso valoriale di alto spessore umano e storico.
Si assisteva alla presa di coscienza della realtà delle cose, a una più matura consapevolezza del proprio valore individuale e collettivo come quel verso di De Gregori “la storia siamo noi” e più avanti con le lotte del femminismo con “il corpo è mio e me lo gestisco io” era una vera primavera del risveglio delle coscienze e della loro affermazione. Tutto questo significava valore e certezza del sé, stima e autostima. Ora è venuto a mancare in contesti sociali diversi. C’è stata una spoliticizzazione della società e più specificatamente delle cosi dette “masse” le cui cause possiamo ritrovarle sia nelle scelte politiche dei partiti di sinistra, dei sindacati (e qui il discorso si farebbe lungo perché abbiamo avuto la strategia della tensione e le brigate rosse che hanno pesato moltissimo), quanto nelle scelte della gente.
Diciamo che la televisione, i suoi messaggi e i suoi miti vuoti, lanciati e sostenuti sino ad ora da chi guida l’economia del mondo, si è perso il senso e il valore del sé.

La poesia può essere politica?

Io dico che è politica! Se restituiamo il suo vero significato alla parola politica: polis, ovvero, al di là della locuzione greca di città-Stato democratica, interesse, amore per la propria città, per il proprio paese, per la propria casa, territorio, propri simili. Politica significa amore per l’universo che tende all’armonia degli esseri come la poesia. Poesia e politica nascono entrambi nella voglia del fare, in quel poesis comune.

La risposta ad una domanda che non le è stata fatta ma a cui vorrebbe rispondere?

Dov’è la poesia, dove si nasconde e dove e come si trova.
La poesia è ovunque e in ogni cosa. Basta coglierla e per questo occorre una educazione alla poesia, al suo ascolto, al suo senso.

Marco Tavazzi

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