
Avere “paura” di svolgere il proprio lavoro. Perché recarsi dal Giudice di Pace avrebbe potuto rappresentare un “rischio”.
Questa la testimonianza dell’avvocatessa di Varese che ha sporto per prima, oltre un anno e mezzo fa, la denuncia contro Luciano Soma, il coordinatore dei Giudici di Pace di Varese che da giovedì di settimana scorsa è agli arresti domiciliari con le accuse di violenza sessuale e abuso d’ufficio.
Quando è iniziato tutto?
«La prima volta che venni molestata, fu nel 2006. Mi saltò addosso e mi ribellai. La cosa che mi fa più specie è che ogni volte, dopo quanto era successo, quando ci incontravamo in pubblico, faceva finta di niente, come se non fosse successo nulla».
A un certo punto, però, ha detto basta e ha deciso di denunciarlo.
«Nel novembre 2012, dopo l’ennesima molestia, capii che non poteva andare avanti così. Non solo per me. Ma per tutte le altre donne che rischiavano di subire le stesse cose. E per tutti i cittadini, perché chi ricopre un incarico pubblico di quel tipo non può comportarsi in questo modo».
Quindi la denuncia…
«L’ho presentata nel marzo del 2013. Dopo l’ultima molestia, mi sono resa conto che non era più possibile tollerare questa situazione. Non solo per me e il mio lavoro. Ma per tutti i cittadini, che si ritrovavano ad avere un giudice con questi comportamenti».
A subire questa “situazione” non sarebbe stata solo lei?
«Il numero esatto non lo so, ma anche altre avvocatesse si sono trovate nella mia stessa situazione».
In molti dicono che non ne sapevano niente.
«Questa situazione era nota da tempo. Probabilmente in molti ritenevano fosse un pettegolezzo».
Lei è stata la prima a denunciare l’accaduto.
«Come ho detto, non potevo continuare a subire e a fare finta di niente. Non solo per me, ma per dovere morale nei confronti della mia professione. Sono stata la prima a denunciare quello che succedeva. Ci sono riuscita, oltre un anno fa, grazie alla Digos. E quindi è partita l’indagine anche sul versante delle molestie».