Sel Gallarate: «È la politica dello struzzo a mettere in pericolo i posti di lavoro in Amsc»

Il partito di Vendola si dice favorevole al tentativo dell’amministrazione di accorpare i servizi dei rifiuti con altre città. Ma chiede la salvaguardia dei lavoratori

13 Febbraio 2015
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Amsc

In questi 4 anni di cose in Amsc ne sono cambiate parecchie. Innanzitutto l’eliminazione delle varie scatole cinesi che avevano il solo scopo di moltiplicare numero e soldi per gli amministratori. Poi, non meno importante, la scelta di procedere agli affidamenti dei lavori con procedure pubbliche, scelta che ha finalmente portato in azienda un po’ di trasparenza e fatto risparmiare non pochi euro.

La situazione economica è molto migliorata, ma ciò nonostante la società continua a perdere. Le leggi sono diventate più severe e la possibilità di un intervento dell’ente è sempre più ridotta (di questi giorni l’ennesimo intervento sul tema della Corte dei Conti all’inaugurazione dell’anno giudiziario della magistratura contabile).

Possiamo fare finta di niente. Lasciare che il debito cresca e soprattutto non tenere conto degli obblighi di legge che nei prossimi anni cambieranno, volenti o nolenti, i servizi dell’acqua con l’Ato, del gas con l’Atem, dei trasporti pubblici per i quali non si potrà più procedere ad affidamento diretto.

Certo possiamo. Qualcuno penserà anche che, prossimi a una campagna elettorale, sarebbe più conveniente rimandare.

A farne le spese sarebbero però i cittadini e i lavoratori.

I cittadini, perché stiamo parlando di servizi che incidono sulla qualità della vita.

I lavoratori perché, con la politica dello struzzo (che mette la testa sotto terra per non vedere i pericoli), a lasciare cioè le cose come stanno, si condannerebbe con certezza l’azienda alla chiusura.

L’amministrazione vuole invece procedere a degli accorpamenti, in alcuni casi obbligatori per legge. Si può discutere della bontà o meno di avere creato gli Ato (e noi crediamo che la Regione li avrebbe dovuti creare in modo diverso, seguendo non i confini delle province ma i bacini idrografici), ma non si può eludere l’obbligo.

È invece una scelta, da noi condivisa, quella di tentare di accorpare i servizi dei rifiuti con altre città. L’obiettivo è ottimizzare risorse e competenze. È evidente che l’efficacia nella raccolta dei rifiuti e della pulitura delle strade non è ottimale, mentre i costi restano elevati. Siamo convinti che sia un dovere provare a trovare una soluzione che migliori il servizio senza comportare un ulteriore aumento delle spese (che con la Tari si scaricano completamente sui cittadini). Certo la vicenda è legata ad Accam e all’incapacità di alcune amministrazioni di decidere (e non è il caso di Gallarate). Sel, impegnata da tempo per superare l’incenerimento dei rifiuti, per promuovere invece una fabbrica di materiali che sappia incrementare e dare valore ai rifiuti che finsicono nel secco ma che sono differenziabili, chiede 2 impegni all’amministrazione: che si parta, anche in modo sperimentale, con la tariffazione puntuale e che non si contribuisca economicamente al revamping di Accam. Se i soci di Accam  sceglieranno di investire 40 milioni di euro per continuare a bruciare i rifiuti, non capiamo perché il nostro Comune che chiede di chiudere gli inceneritori, dovrebbe pagare una tariffa di conferimento più alta che altrove per sostenere il revamping che consideriamo dannoso dal punto di vista ambientale ed economico.

Per quanto riguarda piscina e farmacie, riteniamo che le proprietà debbano rimanere pubbliche. La piscina in modo evidente richiede però degli interventi strutturali (anche di risparmio energetico) che né Amsc né il Comune si possono oggi permettere. Anche mettendo in conto di riuscire a sopportare una perdita annuale di 700mila euro, la lasciamo cadere a pezzi finché diverrà inagibile? Non è forse più utile, per i lavoratori come per i cittadini, porsi finalmente il problema e cercare una possibile soluzione
anche pensando ad una gestione esterna capace di fare gli investimenti necessari?

Tutto ciò significa chiudere Amsc e lasciare a casa i lavoratori e le lavoratrici?

A noi sembra proprio il contrario.

Cercare di mantenere i servizi, seppure in forme diverse, significa lavorare per gli interessi della città e degli stessi lavoratori. Dovranno magari cambiare il nome della società per cui lavorano, ma continueranno a lavorare e a prendere un salario. Magari anche a potere lavorare meglio e con più efficacia.

Lasciare tutto com’è produrrebbe invece certamente la chiusura della società e la cassa integrazione (finché c’è) dei lavoratori. È la politica dello struzzo a mettere in pericolo il mantenimento dei posti di lavoro.

Sel Gallarate

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