“Lungi dalla sterile polemica, ma consci, piuttosto, della funzione pubblica che siamo chiamati a svolgere, quali consiglieri comunali, in data 20 settembre u.s., ore 17.31, sulla pagina FaceBook del nostro Comune (Casale Litta) è apparso un post.
Senza volere entrare nel merito dello stesso, tuttavia tale post contiene una bestemmia.
Speranzosi in un intervento rapido del nostro Ente (o, meglio, di chi gestisce la pagina), siamo rimasti in attesa, e così abbiamo anche noi commentato nella serata del 23 settembre, visto che nessuno faceva o diceva nulla (come avrebbe dovuto).
Post immediatamente cancellato (il nostro!), ma lasciando quello intriso di blasfemia.
Così nella giornata odierna (24 settembre), abbiamo ripubblicato quanto già detto il giorno precedente, ed è arrivata, nel giro di pochi minuti, la risposta: “Vi ringraziamo, per la premura con cui ci avvertite di tale post. Di fatti, è stato rimosso. Grazie”.
Ma il post blasfemo è ancora lì, come è possibile vedere (con la dovuta censura). Al di là di quanto prevede la legge (art. 724 c.p.), qui si tratta semplicemente di buon senso e di un minimo di rispetto per il prossimo. La libertà di opinione è sacrosanta ed è tutelata dalla Costituzione (art. 21), ma lo è anche professare la propria fede religiosa (art. 19), e sono sacrosanti l’educazione ed il rispetto per il prossimo. Come già avevamo detto nelle scorse settimane, la realtà talvolta supera la fantasia.
Che l’Asilo di Villadosia, oggetto del post blasfemo, sia al centro di una serie di operazioni poco trasparenti e non molto chiare, è cosa ormai nota, e di questo ci stiamo già interessando come Gruppo.
Il Comune, per legge e per Statuto, deve assolvere ad una serie di funzioni fondamentali. Pertanto, l’Ente pubblico territoriale faccia il Comune, e cioè quello che è, e lasci stare il ruolo che pare stia esercitando da diverso tempo (comportandosi quasi fosse una società immobiliare in cerca di affari).
Il Comune non può ingerirsi nell’autonomia privata, né può pretendere prestazioni, personali o patrimoniali, se non in forza di legge (art. 23 Cost.). Difatti la proprietà privata è tutelata (art. 42 Cost.), ed un’eventuale compressione non può che essere motivata e ragionevolmente soddisfatta. Anche in termini economici.
Giova qui ricordare che l’anno scorso è stata inviata a detto asilo, e ad altri soggetti, una lettera, da parte del soggetto apicale dell’Ente locale, datata 29 giugno 2016, priva di numero di protocollo e di timbro, pare consegnata con modalità non idonee ad assicurarne la ricezione, in spregio alle normative vigenti per la P.A. nonché per scopi contrari alla legge (oggi art. 9 Codice del Terzo settore), pretendendo difatti qualcosa che non pare sia dovuto.
Ne abbiamo chiesto formalmente copia, ma essa non esiste agli atti ufficiali del Comune. Come mai?
I servizi di istruzione primaria e secondaria, tra gli altri, ai sensi dell’art. 1, D.M. 28 maggio 1993 (G.U. n. 145 del 23 giugno 1993), costituiscono servizi indispensabili di un Comune (ex art. 37, lett. h), D.Lgs. n. 504/1992), e, pertanto, rappresentano un precipuo obbligo ed onere per l’Ente medesimo, da garantire alla collettività.
E proprio perché siamo in opposizione abbiamo il dovere di controllare ciò che la maggioranza fa e di contestare ciò che non va, e continueremo a farlo fino alla fine del nostro mandato.
Speriamo, quindi, che tollerare la blasfemia sia semplicemente un errore da parte dei soggetti che gestiscono la pagina FaceBook del nostro Comune, e non una sorta di modalità per tentare di screditare prima, e depauperare poi, un particolare asilo, che merita lo stesso trattamento e lo stesso riguardo che hanno analoghe strutture presenti sul territorio comunale (che, però, paiono non incontrare simili difficoltà).”