Spesso ci soffermiamo ad osservare le bellezze del bosco, ci avviciniamo silenziosi, quasi per non disturbare, a meandri ricchi di fiori e profumi, e indugiamo guardando cascatelle d’acqua che risuonano in
mille colori e che compongono un tutt’uno con la natura. Accade spesso che ci innamoriamo dei nostri boschi, delle grandi faggete o delle spettacolari visioni che il panorama ci presenta. Il nostro territorio è particolarmente ricco, le nostre valli in tutti i periodi dell’anno sanno donare bellezza, colori, suoni, serenità e gioia al cuore del fortunato visitatore.
Abbiamo queste meraviglie che sono la casa, il rifugio di molti animali selvatici quali cinghiali, volpi, cervi e caprioli per citare i più noti, che sono cresciuti in numero e in modo spropositato. Questi animali selvatici, spesso, e in particolare nei mesi invernali, non trovano cibo e scendono a valle causando molteplici problemi. La causa principale va ricercata nell’abbandono degli alpeggi e dei prati alti che non sono economicamente vantaggiosi, e hanno la prerogativa di essere scomodi da tagliare e da mantenere. Tale aspetto ha indotto le povere bestiole a migrare e scendere nelle aree basse, più ricche di cibo, per potersi nutrire, creando però rischio per se stessi e per qualche sventurato automobilista. Gli incidenti di questi poveri animali con camion, moto e auto sono drammaticamente in aumento, nell’anno appena trascorso gli incidenti sono stati 245 e una parte importante (circa il 40%) vede i caprioli quali sfortunati animali. Anche i cinghiali con il 24% hanno avuto un peso preponderante nel creare incidenti. Bisogna però considerare anche, in un’analisi completa e corretta, i problemi che spesso questa fauna causa in aree coltivate, apportando un danno economico non indifferente ai malaugurati contadini. Con un esempio per tutti, ora la Valganna si è dotata di cartelli che spiegano il rischio, ma sono sufficienti questo tipo di operazioni? No, anzi le cose andranno peggiorando, perché il bosco ha inglobato con gli anni l’80% dei prati stabili che nutrivano gli ungulati. I rimedi più attuabili potrebbero vedere l’impiego di una parte dei fondi per l’agricoltura montana per mantenere vivi i prati esistenti e realizzarne di nuovi.
Occorrerebbe muoversi con il massimo impegno e con continuità verso un processo ripristino dei prati alti, in abbinamento al controllo della presenza degli ungulati. Però, prima ancora, occorrerebbero denari, oggi invece sprecati in mille modi differenti, e buone intenzioni, sulle quali nutriamo qualche dubbio. E, soprattutto, occorrerebbe voglia politica, per tutelare gli animali e salvaguardare la sicurezza dei cittadini.
Lamentarsi col destino per l’aumento di questo tipo di incidenti, ancora fortunatamente non gravi, può mettere a posto la coscienza di qualcuno, forse, ma non solleva le Amministrazioni dal provare a trovare soluzioni (preventive e strutturali, non di emergenza ) per la tutela del nostro prezioso ecosistema.
R. Dorici e R. Cenci
Gruppo Ambiente M5S Varese