Il Pd si divide sull’ipotesi del “listone unico” per le elezioni della nuova Provincia. A settembre si rinnoverà il consiglio provinciale, dopo la riforma degli enti locali, e per la prima volta saranno i sindaci e i consiglieri comunali ad eleggere il nuovo organo, che è diventato un ente di secondo livello.
Al momento gli schieramenti che si verranno a creare sono due, il Pd, insieme ai partiti di centrosinistra e le liste civiche vicine a loro, che dovrebbero sostenere Samuele Astuti alla presidenza. Dall’altra parte la Lega Nord, con il sostegno sicuro di Forza Italia e Udc (più le loro liste civiche), con Matteo Bianchi. Questa almeno è l’ipotesi del momento. Perché dal Pd è arrivata una nuova proposta.
Proprio domenica, infatti, è uscita sulla stampa la posizione del segretario regionale del Pd, il varesino Alessandro Alfieri, che ha proposto una sorta di “grande coalizione” tra tutti i partiti in vista di queste elezioni, in vista della fase di transizione, dal momento che si tratta della prima volta che l’ente affronta elezioni di questo tipo.
Si tratta di una proposta che non piace a tutti all’interno del suo stesso partito, come infatti dimostra la presa di posizione del capogruppo del Pd a Varese Fabrizio Mirabelli. Che ha scritto una nota su Facebook.
“Il segretario regionale del Pd Alessandro Alfieri formula la seguente proposta: una lista unica tra Pd, Forza Italia, Ncd, Lega e chi ci sta, per il futuro governo della Provincia. Questa proposta non so se sia stata discussa nella Direzione regionale del Pd ma, sicuramente, non è stata discussa nella Direzione provinciale del Pd di Varese. Personalmente, sono contrario ad aggiungere al pasticcio della nuova provincia anche il pasticcio di una grande coalizione con il centrodestra. Mi auguro che sia convocata al più presto la Direzione provinciale per discutere del programma, del metodo di selezione della candidatura a presidente e delle candidature a consigliere provinciale e delle alleanze. Io sarò antico ma continuo a credere che il Pd sia una comunità di donne di uomini che sa discutere e decidere insieme. La cultura dell’uomo solo al comando non mi appartiene e non mi piace. Né a livello nazionale, né a quello regionale, e nemmeno a quello provinciale”.