L’Europa che non combatte l’antisemitismo è l’Europa che ha deciso di morire!

Lettera sui recenti attentati in Europa. E sulla matrice antisemita che li accomuna. ”70 anni di distanza vediamo che nelle strade, nelle scuole, e nei luoghi di lavoro il pregiudizio e l’odio antiebraico viene ancora alimenta e si diffonde”

18 Febbraio 2015
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Attentatocopenaghen

All’indomani dell’attentato alla Sinagoga di Copenaghen un collega di lavoro mi domanda con fare ironico: “Perché hai timbrato il cartellino? Pensavo fossi in Danimarca? Eh ma voi siete sempre in mezzo ai guai?”.
Ecco questa è la sintesi di ciò che vari europei pensano, ovvero che noi ebrei siamo altro rispetto a loro, che se subiamo degli attacchi ce li siamo cercati, che sostanzialmente siamo degli attaccabrighe perché continuiamo ad insistere sulla nostra appartenenza al popolo ebraico.

Pensano che siamo cocciuti perché cerchiamo in questo mondo impregnato dal relativismo culturale che pretende di omologare tutti di voler rispettare le festività ebraiche e specialmente di tentare di rispettare le mitzvot (precetti che
regolano la vita ebraica) dello Shabbat, e di voler mangiare kasher.

Spesso questo “ostinarci nel voler essere ebrei” in ogni luogo dove siamo e viviamo, viene visto con diffidenza perché non pretendiamo che gli altri ci capiscano o che diventino come noi, ma ricerchiamo la possibilità solo di essere fedeli a noi stessi. Sembra dare fastidio il fatto che la nostra necessità di vivere ebraicamente non si manifesti attraverso la necessità di convincere altri a vivere come noi,
paradossalmente il fatto di riconoscere a tutti la legittimità d’essere se stessi  alimenta la diffidenza e con essa i più beceri e biechi pregiudizi. Dopo la Shoah sembrava che la misura per tutta l’Europa fosse colma, sembrava che gli ennesimi milioni di morti ebrei sacrificati alla belva di turno, quella nazista, sull’altare dell’odio e del pregiudizio fossero sufficienti all’umanità per dire basta, per dire che era giunta l’ora di fare autocritica e di voltare pagina.

Ci si sbagliava, infatti a 70 anni di distanza vediamo che nelle strade, nelle scuole, e nei luoghi di lavoro il pregiudizio e l’odio antiebraico viene ancora alimenta e si  diffonde. Alle falsità che per millenni ci hanno colpito ora si aggiungono quelle contro lo Stato d’Israele, sotto cui i più infami antisemiti si nascondono: fingono di criticare Israele per cercare di  giustificare il loro odio per gli ebrei. Nulla differenzia antisemitismo ed antisionismo: sono entrambe le facce della stessa lurida medaglia.

Oramai il negazionismo è quasi divenuto reato, ma ciò non impedirà ai vecchi ed ai nuovi antisemiti di imperversare in ogni ambito perché questa legislazione rischia di divenire solo una dichiarazione di buone intenzioni come lo è stata l’istituzione della giornata della memoria (memoria per chi?, visti gli attentati contro gli ebrei in Europa) o come lo è la parte del concordato Stato Italiano-Unione Comunità Ebraiche italiane in cui si afferma che gli ebrei possono
astenersi dal lavoro durante le proprie festività (cosa sostanzialmente disattesa da molti datori di lavoro i quali adducono pretestuose ragioni di servizio).

Comunque per attaccare gli ebrei basta attaccare Israele, quello Stato che molti (politici più o meno moderati e più o meno estremisti, cabarettisti di vario rango, cantanti più o meno falliti, accademici, scrittori, ecc.), in modo ovviamente pretestuoso, additano come causa di ogni male del mondo. Ma la realtà è un’altra, è molto più semplice accusare di una gran parte dell’instabilità mondiale uno Stato come Israele
con una popolazione di 8 milioni di persone, oppure i 15 milioni di ebrei che sono presenti nel mondo, piuttosto che pretendere da circa un miliardo e mezzo di musulmani che dialoghino con il resto del mondo su basi di reciprocità, di rispetto e non aggressività.

Ciò che vediamo è che i leader europei sono disposti a sacrificare i loro cittadini ebrei per una momentanea tranquillità, per poi fare gli offesi quando il premier israeliano ci ricorda che lo Stato d’Israele è la casa di tutti noi ebrei e che possiamo farvi ritorno. Questi leader europei dovrebbero mettersi d’accordo con loro stessi e decidere cosa vogliono fare: se non vogliono che noi tutti  facciamo ritorno in Israele dovrebbero prendere una posizione decisa e senza tentennamenti contro il terrorismo.

Non dovrebbero sponsorizzare una immigrazione deregolamentata in cui il loro neo-schiavismo, mascherato da solidarietà, impoverisce tutti europei e nuovi immigrati. Dovrebbero lottare contro ogni forma di neonazismo, applicare un principio di reciprocità nei  rapporti inter-statali, e, soprattutto, avere una base etica condivisa in cui la storia e la memoria siano fonte di insegnamento e servano da guida per le scelte future e non farsi guidare da quel relativismo culturale che omologa all’interno di un finto perbenismo, impoverendo tutti. Siamo in un tunnel, un tunnel buoi, in cui gli attacchi dei terroristi sono all’ordine del giorno.

Inutile negare che la guerra totale potrebbe essere ad un passo. Ma noi possiamo scegliere di essere uniti, di aiutandoci, potremmo camminare assieme per uscire da questa situazione, per rivedere la luce.

Potremmo voltare pagina per scrivere una storia diversa da quella che abbiamo vissuto fino ad oggi. Se tutti ci assumiamo le nostre responsabilità, non incolpiamo gli altri dei nostri errori, e facciamo seguire alle parole le azioni, potremmo (ognuno con le proprie peculiarità e senza negare noi stessi) essere gli attori di un mondo nuovo: questo non è solo un sogno, non è solo un pio desiderio ma una realtà che già esiste perché, dopo la delusione avuta dalle parole del mio collega, nello stesso giorno, ho ricevuto una mail, nella quale, una persona incontrata una sola volta, mi scrive: “Ho sentito la dichiarazione del primo ministro israeliano che “gli ebrei dovrebbero lasciare l’Europa e salire a Gerusalemme”, se la vostra famiglia e il vostro popolo saliste tutti a Gerusalemme, finirebbe la civiltà occidentale come noi la conosciamo e che anche gli ebrei hanno costruito. Vi prego di rimanere in Europa. Sono a disposizione anche fisicamente della vostra comunità per tutto quanto vi serve o vi servirà in futuro. Un abbraccio, Con tanta amicizia”.

Per questo sono fiducioso, credo che un futuro di fratellanza tra le genti sia qui, ora, sta solo a noi costruirlo, ma non è possibile avere un mondo di pace senza una condivisa base comune.

Demetrio Shlomo Yisrael Serraglia

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