#IoSonoCharlie… Charb, Cabu, Tignous, Wolinski e Ombretta

«Preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio», dichiarava chi da oggi non c’è più, Stéphane Charbonnier, il direttore di Charlie Hebdo

08 Gennaio 2015
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Manifestazione Charlie

Il primo giorno lavorativo dell’anno non è stato un gran bel giorno per l’umanità a cui appartengo. In realtà era iniziato sotto i migliori auspici.
Ma il pranzo s’è fermato alle porte dello stomaco, condito con quella notizia indigeribile anche ai più forti: la libertà di pensiero ha subito un attentato, vile.

Mentre la radio scandiva nomi come Charb, Wolinski, Cabu e Tignous, proprio il giorno dell’uscita di Sottomissione di Houellebecq, la mente si confondeva. Ma forse era solo una mera questione di cattiva digestione.

E per chi nella comunicazione ci vive da molti anni era più che ovvio provvedere ad agevolarla.

Quindi, son passata ad informarmi dietro lo schermo, mentre le stelline condivano il mio sguardo liquido.

IoSono ciò che vivo, quindi #IoSonoCharlie.

Perché tutto ciò che vivo è strettamente legato a Charb (che aveva la mia stessa età e come me difendeva la sua libertà di pensiero e quella del prossimo suo), a Wolinski, Cabu e Tignous: le streep, quelle di satira, mi hanno fatto sempre digerire bene anche le notizie più inaspettate…

Anche l’11 settembre, quello famoso, mi trovavo con una nota matita quando i video in quell’ufficio di Corso Buenos Aires a Milano cominciarono a diffondere immagini, quelle indigeribili immagini.

Ed io e il mio “cialtron dalla matita libera” ci guardammo perché non credevamo ad una sola parola notiziabile che raggiungeva i nostri padiglioni auricolari.

IoSono, anche perché ho avuto tra i miei maestri matite affilate, menti eccelse, pensieri vivi, sguardi aperti.

Ma la digestione di questa notizia continua a risultare pesante.

Troppo pesante per uno stomaco già sottoposto a macigni.

Anche perché IoSono in una città silente, spesso connivente.

Per sbloccare quel peso sullo stomaco, su cui si era alloggiata anche la notizia dell’ennesimo abbattimento di alberi nella mia città, ho postato una domanda su un social network, di quelli molto frequentati, per invitare i miei concittadini a riunirsi nella nostra Place de la Repubblique, all’ombra di quei sei soldatini resistenti: semplicemente “anche a Varese ci si raggruppa in piazza Repubblica alle 18?” (con tanto di ashtag #‎JeSuisCharlie #‎IoSonoCharlie #‎CharlieHebdo).

#IoSonoCharlie.

E dopo un’oretta, ho cominciato a ricevere chiamate e messaggi da giornalisti che chiedevano dove fosse il ritrovo, alcuni già in piazza con tanto di fotografi.

Ecco, IoSono. IoSonoCharlie, Charb, Cabu, Tignous, Wolinski.

IoSono cittadina di un mondo che non è più.

IoSono, quindi, scrivo.

E continuerò a farlo solo perché si moltiplichino e nascano nuovi Charlie, Charb, Cabu, Tignous, Wolinski e Ombretta.

“Preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio”, dichiarava chi da oggi non c’è più, Stéphane Charbonnier, il direttore di Charlie Hebdo.

Ed una risata seppellirà chi ha spedito dans la siège de Charlie Hebdo gli esecutori che hanno spezzato le matite che mi hanno dato forma, la causa della mia cattiva digestione.

IoSono, oggi, grazie anche a quelle matite.

Quindi, brandisco la parola che pesa: alziamoci tutti in piedi davanti al cadavere dell’uomo moderno che cerca una nuova crociata e che usa questo attentato alla libertà di pensiero. Solo per farsi propaganda.

Lo stomaco si può chiudere.

Il cervello no.

Brandiamo le nostre matite per continuare ad essere.

#IoSonoCharlie oggi.

Ma anche domani continuerò ad essere Charlie, Charb, Cabu, Tignous, Wolinski.

Io sono fatta degli altri.

Ombretta Diaferia

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