Varese, rischio alluvione: Alexandra Bacchetta si rivolge al Tribunale

L’imprenditrice, proprietaria del Relais Ca’ dei Santi, già protagonista dello sciopero della fame, torna ad attaccare le istituzioni. Questa volta con un esposto alla Procura della Repubblica

02 Aprile 2014
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Bacchettanuova

Alexandra Bacchetta, la giovane imprenditrice varesina protagonista dello sciopero della fame di due anni fa, torna a protestare. Questa volta utilizza una forma meno cruenta, ma comunque decisa, per far valere i propri diritti: le vie legali.
Nei giorni scorsi, la proprietaria del Relais Ca’ dei Santi, che venne danneggiato gravemente nell’alluvione del 2009, ha depositato alla Procura delle Repubblica di Varese un documentato esposto di 17 pagine sull’ipotesi di una serie di reati, non solo ambientali, ma tutti comunque imperniati sulla sottovalutazione del rischio attuale di un ennesimo disastro idrogeologico, che ci vedrebbe ancora vittime. “Se ciò dovesse accadere, a questo punto saprete che si sarà trattato della riedizione della Cronaca di un disastro annunciato” è l’amaro commento. 

La signora Bacchetta ha ospitato questa mattina, mercoledì, i giornalisti per una conferenza stampa dove ha spiegato la sua nuova battaglia. Che è ben descritta e riassunto nella lettera aperta di cui riportiamo qui sotto ampie parti.

Le parole di Alexandra Bacchetta

Buongiorno a tutti.
Non avrei mai voluto chiedervi di ascoltarmi per la terza volta in tre anni e se sono costretta a farlo è perché – sulla pelle mia e della mia famiglia – in questo lasso di tempo ho sperimentato, e continuo a farlo mio malgrado, un’ingiustizia senza fine.  Non fossero bastati i devastanti effetti dell’alluvione del luglio 2009, ho infatti scoperto che quel che è accaduto cinque anni fa non è frutto di un mero evento meteorologico, bensì il risultato di una serie di errori di valutazione – nella più civile e ottimistica delle ipotesi – che affondano le radici nella cronica sottovalutazione del rischio idrogeologico da parte di tutti: privati e istituzioni.

La società che gestisce la struttura del Relais Ca’ dei Santi, la Gestal Sas, di cui sono socia con mia madre Anne Marie, ha presentato nei giorni scorsi un esposto alla Procura della Repubblica di Varese.

È un passo speriamo decisivo per chiarire se vi siano – come temiamo – responsabilità anche penali nel disastro ambientale ed economico che tentiamo di fronteggiare dal luglio 2007.  Confidiamo che i magistrati della Procura dimostrino quel che per noi, ormai, è assai difficile ritenere. E cioè che in Italia le istituzioni funzionano e sanno porre rimedio a situazioni palesemente ingiuste.

Un vulcano d’acqua

Parafrasando  il titolo di una celeberrima opera di Gabriel García Márquez, quel che è capitato al Relais Ca’ dei Santi, alla società che lo gestisce, la Gestal Sas e dunque alla mia famiglia è senz’altro la “Cronaca di un disastro annunciato”. Ci troviamo infatti – o meglio: vi trovate anche voi, infatti – a due passi da uno dei due rami del Fiume Olona sul quale dovrebbe sorvegliare innanzitutto l’Agenzia interregionale per il fiume Po (Aipo) ma non solo.

Ci troviamo però anche nell’area di un vecchio mulino secentesco, edificio destinato alla macinatura e che per funzionare aveva bisogno di acqua, tantissima acqua che vi giungeva infatti anche attraverso una derivazione (la cosiddetta roggia molinara), e che dal 2007 è stato riadattato – con autorizzazioni che all’esame peritale sono risultate viziate da errori madornali – ad albergo e a ristorante.

Cioè a un luogo aperto al pubblico. Insomma, siamo tutti seduti in riva a un fiume, sopra la sua larga e profonda falda e sul letto di una roggia molinara che qualcuno dice dismessa e che, a nostre spese, risulta invece ancora attiva quando piove forte. Per dirla con una battuta siamo seduti sul cratere di un vulcano d’acqua che erutta quando cade pioggia in modo violento o insistente.

Non è un caso che questo posto, negli ultimi cinque anni, si sia allagato tre volte senza che nessuno e sottolineo nessuno si sia mai preso la briga di metterlo in sicurezza. In virtù di tali allagamenti, la Gestal Sas, che ha in affitto l’edificio in cui ci troviamo, ha subìto danni patrimoniali enormi, tali da dover costringere i suoi soci – mia madre e io – a pensare alla liquidazione della società. Dopo l’alluvione del 2009, ho infatti già perso la mia casa in virtù d’una promessa di risarcimento da parte dello Stato che è rimasta tale e per far fronte ai costi – lucro cessante, danno emergente – di un periodo d’inattività forzata di oltre quattro mesi.

È vero, la Regione Lombardia nel settembre del 2012 ha voluto onorare l’impegno di essermi vicina nell’ingiustizia sociale che ho pagato anche con 34 giorni di sciopero della fame, concedendomi un contributo di centomila euro per “scopi umanitari”.
Ringrazio ancora chi non mi ha lasciato sola.  Quella cifra però vale un decimo del danno subìto nel 2009 ma molto, molto meno delle disastrose conseguenze economiche di quello stesso danno, che sono più che raddoppiate, nel bel mezzo di altri due allagamenti, anche di fronte al nostro tentativo di rimettere in piedi un’azienda per evitare che dieci famiglie rimanessero senza lavoro. Ci abbiamo provato senza sapere d’essere seduti su un vulcano d’acqua.  Anche i miei genitori, dopo sessant’anni di lavoro, perderanno a breve la loro casa per fare fronte agli impegni che ci siamo assunti con chi lavora con noi e per ripagare un indicibile monte d’interessi passivi dovuti a rifinanziamenti bancari. Operazioni, queste, resesi inevitabili, in questi anni di corsa a ostacoli fra le pozzanghere, per far fronte non solo alla riduzione del volume d’affari dovuto alla crisi economica ma soprattutto all’impossibilità di garantire ai nostri clienti standard di sicurezza minimi in caso di piogge prolungate.
Persino un consigliere comunale di Varese ha annullato il banchetto nuziale prenotato da noi, dopo essersi accertato dei rischi che corriamo durante intense precipitazioni.  Abbiamo infatti perso e continuiamo a perdere clienti in virtù di allagamenti che si verificano anche quando accadono eventi alluvionali e della considerazione del fatto che sembrano assai più consapevoli i cittadini dei rischi che si corrono qui, di quanto non capiti a chi dovrebbe – e ribadisco dovrebbe – sapere che questa zona non è sicura né da un punto di vista idraulico, né da un punto di vista idrogeologico.

[…]

Siamo su un vulcano d’acqua che si scatena a ogni pioggia sostenuta: lo dimostra l’inefficacia – verificata di recente anche dal Comune di Varese dopo un accurato sopralluogo tecnico – dell’impianto di smaltimento delle acque chiare e nere del Relais, quando ci si trova sotto la forte pressione del maltempo e le condotte non solo non riescono a scaricare laddove dovrebbe (fognatura comunale) o dove non potrebbero (roggia molinara) ma anzi rigurgitano nel giardino e persino nella cucina e in altri locali dell’edificio (sala meeting, ristorante, corridoi…), creando pericoli, disagi e danni all’attività ricettiva.  Quando poi si alza la falda dell’Olona o lo stesso Fiume esonda – come ha accertato anche di recente, il sindaco di Varese in persona, insieme coi tecnici comunali e la Protezione civile – si capisce perché questo vulcano d’acqua si risvegli e faccia danni che continuiamo a pagare solo e soltanto noi.

Quale giustizia?

Abbiamo chiesto, nelle sedi competenti, che sia fatta giustizia di questo quotidiano calvario ambientale e aziendale cui siamo sottoposti. Il Comune di Varese sa perfettamente che nel caso di un’altra alluvione e di eventuali danni a persone e a cose, scatteranno conseguenze giuridiche inevitabili. E non certo per il mero danno patrimoniale, perché ormai, a parte la nostra vita, abbiamo ben poco da perdere.  È invece ora di finirla di sottovalutare le situazioni ambientali, di plagiare il territorio a seconda del grado di profitto, di vendere per sicuro ciò che sicuro non è, di garantire istituzionalmente che ciò che non è sicuro lo sia senza accertarlo in modo scientifico, e di giocare di conseguenza sulla pelle delle persone che si fidano della buona fede altrui.  Per questo motivo, desidero ringraziare, con l’avvocato Marina Curzio, amica prim’ancora che puntuale angelo custode in questo labirinto legale, gli amici alluvionati che vengono da ogni parte d’Italia e che da sempre mi hanno sostenuta in questa battaglia ìmpari contro gli epigoni di una cultura pressappochista e affatto in linea coi principi di legalità d’uno Stato civile.  Loro rappresentano l’Italia che non s’arrende all’ingiustizia quotidiana e all’ignoranza di chi, per mero profitto, continua a sottovalutare la Natura, pensando di poterla piegare ai propri comodi senza che ciò comporti conseguenze anche tragiche.   Così grazie a Paolo Franceschetti, assente per problemi di salute ma presente con un documento ufficiale dei Movimenti degli Alluvionati d’Italia, ma anche agli ambientalisti di Varese, ai politici che da qualche mese seguono la nostra vicenda e che forse non conoscono la nostra situazione in modo dettagliato ma che da oggi non potranno più ignorare quel che accade in quest’angolo dimenticato della città. Se abbiamo resistito sin qui è anche merito di tutti voi.  Stiamo aspettando il verdetto del Tribunale regionale delle Acque, presso il quale abbiamo citato il Comune di Varese e l’Aipo. La sentenza era attesa per lo scorso dicembre, sulla base della Ctu disposta dal giudice Giuseppe Patrone e giunta dopo due Collegi peritali e la procedura di deduzione e controdeduzione. Se ne riparlerà dal prossimo ottobre mentre la nostra impresa agonizza già oggi.  Questo è il modo col quale le istituzioni proteggono i cittadini: il giorno in cui dovesse essere pronunciato un verdetto a noi favorevole, è probabile che la Gestal Sas non esista più. Anche in questo caso, sapremo chi ringraziare. Anche in questo caso, però, andiamo avanti senza arrenderci ai tempi di una giustizia drammaticamente inefficiente per i cittadini che hanno bisogno di riscontri certi e in tempo utile per la loro stessa sopravvivenza.  Il professionista cui abbiamo affidato la perizia idrogeologica sullo stato dell’area su cui vi trovate adesso, il dottor Enzo Visco, ha scoperto che sin dalla fase autorizzativa della ristrutturazione dell’antico mulino secentesco divenuto albergo e ristorante nel 2007, vi sono incredibili violazioni di diritto che nei fatti si traducono, ove non sanate, nel mettere a repentaglio, in caso di piogge continuate, la vita di chi abita, lavora o semplicemente si trova ospite al Relais Ca’ dei Santi.
La dimostrazione di ciò sta nei due allagamenti subiti da questo edificio dopo l’alluvione del 2009 e cioè nel luglio del 2012 e nel dicembre del 2013: due situazioni che questa volta il Comune di Varese ha ritenuto di monitorare in modo più consono alla legge, prima posando sacchi di sabbia a protezione degli argini del Fiume Olona e predisponendo un complesso progetto di messa in sicurezza dell’area (per altro rimasto ancora sulla carta) e poi intervenendo direttamente nei confronti della proprietà del Relais.  Un intervento doveroso ma tardivo, per quel che ci riguarda: prima sono state autorizzate opere pericolose, poi sono state fatte pagare le conseguenze di tali pericoli divenuti calamità a chi non poteva non fidarsi della forma di autorizzazioni urbanistiche (in realtà rilasciate in difetto di legge) in possesso della proprietà e ora, con la Gestal Sas messa in ginocchio dagli effetti di allagamenti prevedibili, chi ha il dovere di controllare il territorio che amministra, si accorge che c’è qualcosa che non va.

Un posto sicuro?

In quale modo ci si sarebbe dovuti accorgere di quel qualcosa che non va? Richiedendo una serie di atti che la proprietà dell’area e il progettista avevano l’obbligo di presentare insieme con la richiesta di autorizzazione urbanistica, serie di atti che in primis il Comune avrebbe dovuto pretendere all’avvio dell’iter autorizzativo.  Non sappiamo perché chi ha affittato il Relais Ca’ dei Santi, l’ha fatto – e continua a farlo – in spregio dei rischi che corre il proprio inquilino. Sappiamo però che questi rischi sarebbero stati prevedibili con i prescritti studi geologico, idrogeologico e idraulico, che tali studi non sono stati presentati, che nessun ente s’è curato di richiederli e che nessuna conseguente opera di mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico è stata realizzata a difesa del Relais.  Sta di fatto che la proprietà, che avrebbe avuto la piena titolarità dell’esercizio dell’azione legale di tutela dei propri interessi davanti al Tribunale regionale delle Acque Pubbliche, attraverso il proprio amministratore Emanuele Conti, ha sin qui giustificato la propria inattività giudiziale davanti al Trap sui danni subiti dalla struttura nel 2009 e successivamente,  in questo curioso modo:  (…) sul fatto che la proprietà non abbia intentato causa ai vari enti coinvolti (come invece ha fatto Alexandra Bacchetta), replica che “abbiamo perso qualsiasi tipo di illusione su recuperi da parte dello Stato”.

Peccato, però, che nel caso, lo Stato non c’entri affatto ma c’entra piuttosto la verifica analitica dell’autorizzazione comunale, delle insormontabili lacune che essa presenta e delle relative responsabilità, in virtù della quale un vecchio e fatiscente mulino è diventato Relais.  Siamo stanchi d’ingiustizie e soprattutto dell’inefficienza di istituzioni che tollerano situazioni di rischio. Mi spiego: se l’area del Relais non è sicura, nessuno ha però pensato sin qui di chiuderla (neppure in considerazione del fatto che ospita un’attività aperta al pubblico e che vi abita una famiglia…) in attesa che venga messa in sicurezza: noi non possiamo sostituirci a un sindaco o a un magistrato, né tanto meno al proprietario dell’immobile, perché non intendiamo offrire argomentazioni contrattuali a chi ha addirittura promosso contro di noi un’azione di sfratto (l’udienza è fissata nel 2015) casualmente proprio negli stessi giorni in cui veniva depositata dall’avvocato Curzio al Tribunale regionale delle Acque, la perizia geologica sull’area del Relais, firmata dal dottor Visco.  Siamo però stupiti, amareggiati e profondamente delusi da amministratori, come l’assessore all’Ecologia Stefano Clerici, i quali, anziché dare una risposta esaustiva, benché forse scomoda, al proprio legittimo e soprattutto fondato dubbio (“… L’assessore lascia infine intendere “qualche dubbio sul rilascio di alcuni permessi” concessi in passato, ma ribadisce il sostegno alla situazione di Bacchetta…”), chiedendo ai tecnici comunali o presentando un esposto alla Procura della Repubblica, se lo sia chiarito da sé e pure a mezzo stampa (“… La considerazione che ho fatto, espressa dal punto di vista personale, riguardava semplicemente l’opportunità di andare a realizzare e aprire un hotel a poca distanza dal fiume Olona…”).

[…]

Abbiamo però anche motivi di speranza: molto attenti alla situazione di rischio idrogeologico dell’area di via Molini Trotti che ci riguarda, si sono dimostrati, nell’ultimo anno, tecnici e funzionari comunali dell’Ufficio di polizia idraulica e geologica e delle Fognature, che per la loro professionalità e umanità desideriamo ringraziare, insieme col sindaco Attilio Fontana, sin qui l’unico amministratore presente a ogni allagamento del Relais e dal quale però ora non possiamo che aspettarci atti conseguenti alla gravità della situazione.  Ecco perché, tramite l’avvocato Curzio, abbiamo depositato, nei giorni scorsi, alla Procura delle Repubblica di Varese un documentato esposto di 17 pagine sull’ipotesi di una serie di reati non solo ambientali ma tutti comunque imperniati sulla sottovalutazione del rischio attuale di un ennesimo disastro idrogeologico, che ci vedrebbe ancora vittime. Se ciò dovesse accadere, a questo punto saprete che si sarà trattato della riedizione della Cronaca di un disastro annunciato.

Anne-Alexandra Bacchetta e famiglia

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