Riscoprire la storia di Varese per creare la città di domani. Perché la vera forza di Varese sta nella sua policentricità, nei rioni e nelle castellanze che rappresentato la base sulla quale è nato il capoluogo di provincia. E che, per quanto bistrattati dalle politiche degli ultimi decenni, rappresentano ancora la vera anima di Varese.
E anche la condizione necessaria per far ripartire la città: come si può redigere un Piano di governo del territorio senza conoscere in maniera approfondita la storia dell’evoluzione di Varese? Come riqualificare piazza Repubblica?
Secondo molti, infatti, il grave errore fatto oltre vent’anni fa in piazza Repubblica è stato quello di creare un’area pedonale, adatta ad un centro storico vero e proprio, in una parte che di fatto, nei secoli, non è mai stata centrale nella Varese storiche.
Queste considerazioni, fatte da chi scrive, per introdurre l’iniziativa dell’associazione “Amici per Varese”, presieduta da Andrea Badoglio e che vede come segretario Giuseppe Terziroli, ovvero una serie di convegni sulla storia della città, con relatore il professor Renzo Talamona. Quest’ultimo è oggi il più profondo conoscitore della storia varesina.
E ieri ha tenuto la prima della serie di conferenze storiche. “Varese a ritroso nel tempo dal 1400 ad oggi” il titolo di questo primo convegno, che ha ripercorso la storia della città in generale.
“L’obiettivo tuttavia è tenere conferenze in ogni rione, approfondendo la storia di ognuna di queste realtà” spiega Badoglio.
“Questo progetto è nato circa un anno fa – dice Terziroli – su Facebook, attraverso post di approfondimento storico che hanno richiamato una larghissima attenzione. Addirittura di varesini che oggi vivono all’estero, ad esempio in America Latina e ci seguono grazie al social network”.
Il professor Talamona ha evidenziato il problema che ha creato nei decenni uno scollamento tra la cittadinanza e la conoscenza della storia del proprio territorio.
“Purtroppo Varese manca di una borghesia intellettuale in grado di conservare la memoria storica e la cultura del territorio – sottolinea Talamona – è il risultato è stato il venir meno di un’appartenenza intermedia, ovvero il senso di appartenenza alla città e alla sua storia. I libri di storia che parlano di Varese lo fanno quasi sempre in chiave nazionale, Varese nella Resistenza o legata ad altri grandi eventi. Ma si parla pochissimo della storia vera e propria della città in sé”.
Così spesso si parla di rioni e castellanze senza conoscerne le differenze fino in fondo.
Varese infatti, come è oggi, nasce nel 1927 dall’unione di diverse realtà. I rioni sono gli ex Comuni indipendenti, inglobati nel nascente capoluogo, come Bizzozero, Bobbiate, Capolago, Induno Olona (che però tornò Comune autonomo con un referendum dopo la guerra), Lissago, Masnago, Sant’Ambrogio, Santa Maria del Monte e Velate.
Le castellanze invece le realtà dipendenti da Varese, che secoli fa aveva la dicitura “Varese e le unite Castellanze”. Sono Casbeno, Biumo Superiore, Biumo Inferiore, Bosto e Giubiano. Cartabbia dipendeva da Bosto. Quest’ultima era la più estesa. Tanto che il quartiere delle Bustecche prende il proprio nome da Busteca, termine che deriva da Bosto.
Le castellanze dipendevano da Varese dal punto di vista religioso, giudiziario ed economico.
E il nome deriva dal fatto che la loro vita ruotava attorno al Castellaccio, struttura che si trovava nell’attuale piazza Motta, probabilmente a desta della chiesa di Sant’Antonio, dove oggi arriva il parco di Villa Mirabello, che venne realizzato successivamente.
Quell’area, ricorda Talamona, era il mercato degli animali di Varese.
“I rioni sono oggi abbandonati – spiegano Badoglio e Terziroli – e la fine del decentramento amministrativo, con la chiusura delle circoscrizioni, ha dato un altro duro colpo. Ma c’è la possibilità di rilanciare Varese, proprio partendo dalla valorizzazione delle sue realtà locali. Si tratta di un policentrismo attivo, del quale il Comune si deve fare portatore”.