Indelicato, Breve commento alle Disposizioni Anticipate di Trattamento

Riceviamo e pubblichiamo la nota di Alfonso Indelicato, consigliere comunale di Saronno

18 Dicembre 2017
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La legge sulle Disposizioni Anticipate di Trattamento è un passo che precede un altro passo, del resto già annunciato da quanti, seduti sulla piccionaia del Senato, fra il riso e il pianto come dice il poeta, hanno plaudito alle DAT. Il secondo passo è, naturalmente, una legge che istituisca l’eutanasia, la quale già oggi, grazie a questa nuova legge appena entrata in vigore, sembra divenutaci familiare, quindi quasi buona. Ma tante sono le cose che ci sembravano impossibili e ora ci sono diventate familiari, e tante altre che sembravano perenni si sono sciolte come nebbia al mattino.

Particolarmente interessanti alcuni articoli della legge. Se i genitori sono in disaccordo circa la  sorte del paziente minorenne,  spetta al giudice decidere se interrompere o meno le cure. Sentendo prima il bambino qualora abbia più di dodici anni, tralasciando tale noioso incombente se più piccolo. Se il malato non è in grado di esprimere la propria volontà, decide ancora il giudice. Se le persone che il paziente ha indicato come fiduciari sono in disaccordo, ancora si bussa al Tribunale. Per chi è incapace di intendere e volere decide il tutore, ma se vi è disaccordo fra tutore e medico, è ancora il giudice ad avere l’ultima parola. Scorrendo questa parte del testo viene da pensare che quanti fecero a suo tempo la Rivoluzione Francese abbiano sbagliato qualcosa: ammazzarono il re e la regina (nonché qualche migliaio di aristocratici parigini e duecentomila contadini vandeani) per affermare la divisione dei poteri, e hanno partorito la monarchia assoluta dei giudici. I quali giudicano, legiferano a colpi di sentenze pilota, e infine governano quando si danno alla politica.

Tornando alla sospensione delle cure, si deve precisare che la legge intende per tali anche l’idratazione e la nutrizione artificiali, per cui basta chiudere il rubinetto delle flebo e il gioco è fatto, anche se il malato, a morire, ci impiegherà un po’. Forse era meglio il metodo dei Padri romani: un salto giù dalla Rupe Tarpea e il bambino malato si spiaccicava subito, senza inutili sofferenze.

Infine la Chiesa ha protestato, ma in ordine sparso, ed è stato un bisbiglio. Solo il Vescovo di Trieste ha parlato con voce forte e chiara. Del resto non è più tempo di valori “non negoziabili”: ci restano quelli negoziabili, e dobbiamo accontentarci. Ci penseranno gli islamici, fra qualche anno, a darci di nuovo delle certezze. 

E del resto su tutti noi aleggia lo “spirito di Marco”, come ha detto Monsignor Paglia. Non si riferiva a Marco Evangelista, ma a Marco Pannella. Non aleggerà su tutte le acque del globo, ma su questa nostra povera Italia certamente sì.”

 

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